mercoledì 2 luglio 2014

l’atteggiamento dello psicomotricista

L’atteggiamento dello psicomotricista in Pratica psicomotoria deriva da un principio filosofico che viene applicato nelle relazioni con tutti: credere nella persona. Credere cioè nei bambini di ogni età, nei bambini in difficoltà, negli adulti che soffrono, considerandoli come persone testimoni di un’esperienza unica e accogliendoli con grande rispetto.
L’atteggiamento di accoglienza delle emozioni, rispetto alle quali lo psicomotricista tiene una certa distanza, crea un atteggiamento di ascolto che favorisce la comunicazione, la disponibilità e la comprensione dell’altro, del senso della sua testimonianza e soprattutto delle sue produzioni non verbali.
Sulla base di quanto detto finora, cerchiamo di precisare alcuni principi che caratterizzano l’atteggiamento dello psicomotricista. Si potrebbero definire principi pedagogici se consideriamo la pedagogia come il modo di essere dell’educatore, indispensabile alla maturazione psicologica e sociale dei bambini. Provare sempre un sentimento positivo nei confronti del bambino e cercare di fornirgli le condizioni più favorevoli di sicurezza affettiva e materiale perché possa vivere la sua espressività è il principio che sta alla base dell’atteggiamento dello psicomotricista da ciò ne derivano: le capacità di adattamento a livello tonico posturale, la mimica, lo sguardo, il sorriso, l’espressione del nostro piacere di essere là per lui.
Lo psicomotricista parla con autenticità al bambino su “come è e cosa fa il bambino”, parla dei gesti, delle posture, delle emozioni facilitando, fin dalla più tenera età, la costruzione di un discorso gestuale e verbale. I bambini devono poter vivere uno psicomotricista disponibile ma che esprime le proprie variazioni e modulazioni toniche senza uscire dal suo atteggiamento empatico. Il suo intervento consiste più nella sensibilità tonico-emozionale e nelle parole che contengono che nella sua partecipazione ai giochi dei bambini. Lo psicomotricista cosciente di stimolare la dinamica dell’evoluzione del bambino con le sue proposte, le sue indicazioni, il suo dare dei limiti chiari a livello non verbale e verbale, inoltre, deve stare attento sia all’attività dei bambini sia alle relazioni tra di loro.
 Le difficoltà possono derivare dal comportamento di un bambino rispetto allo psicomotricista, agli altri bambini o rispetto al dispositivo. Se il bambino è instabile o aggressivo verso i compagni, non si tratta di reprimere la sua aggressività ma di canalizzarla e di far capire al bambino, quando se ne presterà l’occasione, che “qui si gioca a far finta “. Un bambino è sempre rassicurato quando lo psicomotricista gli ricorda continuamente che “è per finta”. L’aggressività reale non è accettabile, può essere accettata soltanto in forma simbolica. Se invece il bambino è inibito, inattivo, timoroso e soffre del suo isolamento, la regola d’oro è rassicurarlo.
A nostro avviso le linee di forza a livello filosofico,psicologico,pratico e relazionale della Pratica educativa sono le basi di ogni Aiuto allo sviluppo del bambino, anche se questi è in situazione di grave difficoltà. Da ricordare sono, dunque, queste linee di forza:
·        Creare un quadro che offra la sicurezza necessaria allo sviluppo di tutte le potenzialità del bambino, dal più limitato al più evoluto.
·        Accogliere il bambino con grande rispetto, come una persona in divenire, testimone di una esperienza unica.
·        Comprendere il bambino attraverso la sua espressività motoria.
·        Attivare processi di rassicurazione tramite il piacere di agire, giocare, rappresentare.
·        Vivere il piacere di esistere in una relazione empatica con l’altro. (B.Aucouturier, 2013, pp. 189-193)


La fase della storia come rassicurazione profonda

La storia è diventata una fase indispensabile del dispositivo temporale della Pratica Psicomotoria educativa.
In sala di psicomotricità, durante la narrazione della storia, ogni bambino siede sempre allo stesso posto. La storia si gioca su due registri. Il primo si basa sull’aumento dell’angoscia, che dà valore drammatico alla narrazione, partendo da temi che riguardano la paura di essere divorati, mangiati, strappati o fatti a pezzi, inseguiti, presi, racchiusi, abbandonati, perduti, e da altri temi che emergono dall’inconscio e fanno riferimento all’angoscia di persecuzione, di distruzione e di perdita della madre. Il secondo registro è basato sul ritorno alla rassicurazione emozionale. È molto importante, per dare un senso, che l’eroe della storia, col quale i bambini si identificano, sopravviva e trionfi sull’aggressore.
L’onnipotenza magica è una risorsa favolosa per allontanare l’angoscia ed affermare la propria esistenza. Il narratore, dunque, utilizzerà le variazioni del tono di voce e i gesti, accelerando il ritmo della narrazione, creando rotture, giocando con silenzi, le pause, l’attesa. Saprà creare momenti di stupore e sorprese forti. Il narratore deve essere decentrato verso tutti i bambini, adattando il suo racconto in particolare ai più fragili e facendosi carico della loro angoscia. ( B. Aucouturier, 2013, pp. 172-178)


La fase dell’espressività plastica e grafica

Dopo la fase dell’espressività motoria, i bambini sono invitati a passare nello spazio riservato all’espressività plastica (le costruzioni) e grafica, allestito in precedenza. Le attività di costruzione e di disegno permettono di accedere ad un altro livello di capacità di simbolizzazione e di decentrazione. La scelta del disegnare o del costruire è libera, si rispetta il ritmo di ciascuno, le loro attese, le loro scelte, si fornisce il materiale di cui i bambini hanno bisogno e si comunica a partire dalle loro produzioni. Un bambino o un gruppo di bambini che costruisce o disegna, non deve mai essere interrotto nella realizzazione della sua produzione creativa perché ciò equivarrebbe ad interrompere la simbolizzazione della rappresentazione di sé e della storia relazionale. Ogni costruzione collettiva deve essere portata a termine affinché il gruppo viva il piacere di un’opera compiuta
Al termine di questa fase segue il rituale di uscita che è indispensabile dopo la fase di espressività grafica e plastica o dopo la storia. Il rituale proposto varia in funzione all’età dei bambini e prevede il riordino del materiale. ( B. Aucouturier, 2013, pp. 179-188)

Le fasi della seduta

In questo punto verranno messe in evidenza le principale produzioni dei bambini durante la seduta, che evolvono con lo svilupparsi dei fantasmi d’azione.
Prima di parlare del rituale iniziale, è necessario prendere in considerazione il momento in cui i bambini arrivano e si spogliano in un ambiente spazioso dove ogni bambino ha un posto riservato ai propri abiti. Il tempo dello spogliatoio non deve essere affrettato perché è sempre un tempo per parlare con i bambini. Se le condizioni delle sale lo permettono, i bambini lavorano a piedi nudi. Accogliamo ogni bambino nella sala, salutandolo col suo nome e qui inizia il rituale: tutti i bambini si siedono su una panca apposta in modo tale da poter vedere tutta la sala e i luoghi che preferiscono. Il rituale ha funzioni diverse, ovvero, serve a differenziare un momento eccezionale in cui si privilegia il movimento e si preparano i bambini ad agire a livello simbolico. Si ricorda poi ai bambini che la sala è stata preparata per loro e che loro sono lì per giocare e noi per facilitare i loro giochi nei “due luoghi”. Si ricorda loro anche che per giocare liberamente in presenza dello psicomotricista devono rispettare alcune condizioni come il non farsi del male,il non fare del male agli altri e non si può rompere il materiale. Si anticipa lo svolgimento della seduta ricordando loro che è composta da due parti e che saranno invitati con un segnale a passare da un luogo ad un altro.
Dopo il “rituale d’entrata”, un segnale ben noto ai bambini (“via!”) pone fine all’attesa del desiderio di giocare. Come momento inevitabile all’inizio della seduta è la distruzione dei muri di cuscini,delle torri,delle piramidi o delle fortezze che lo psicomotricista aveva costruito prima per loro. Distruggono tutti insieme liberando un’intensa emozione collettiva.. Lo psicomotricista,poi, ricostruisce rapidamente e in modo sempre diverso,oppure gioca con humour il divieto di distruggere opponendo una resistenza relativa alle spinte dei bambini, nei confronti dei quali potranno avere lmeglio e vivere la loro onnipotenza sugli adulti .Distruggeranno per ciò in un clima di grande piacere perché non distruggono lo psicomotricista ma la sua costruzione simbolica. Quando i bambini hanno , nel susseguirsi delle sedute, “regolato i conti” con la distruzione,possiamo osservare che il piacere di distruggere ha una durata più breve e che la distruzione dei muri serve ad aprire la seduta di Pratica Psicomotoria.
Il piacere senso motorio è il piacere dell’involucro cinestesico e sensoriale, è piacere dell’unità di sé, la cui rappresentazione è proiettata nello spazio tramite la simbologia delle costruzioni e, in particolare, tramite la simbologia della costruzione delle case. Quest’ultime sono simbolo di un ambiente protettivo contro la pulsionalità dei fantasmi d’azione.
Nel corso degli anni, l’osservazione dell’espressività motoria durante la distruzione è diventata un vero e proprio test psicologico per conoscere l’evoluzione del bambino.
Il piacere di distruggere allevia le tensioni toniche del bambino, procurate da emozioni trattenute, aprendolo ad una fluidità tonica che lo rende disponibile all’azione e alla trasformazione tonico-emozionale. Il gesto diventa più armonioso, a volte più adatto, fine, preciso e anche più estetico perché è destinato agli altri e gli permette di essere riconosciuto e amato.
Nei giochi di rassicurazione profonda deve essere provocato dalla “paura “ giocata dallo psicomotricista. Nella fase riservata all’espressività motoria vedremo apparire giochi di distruzione dove le capacità di rassicurazione sono possibili se permettiamo al bambino di distruggere in un contesto chiaro e senza sensi di colpa. Giochi di piacere sensomotorio in cui viene sollecitata la sensorialità tattile, visiva e la sensibilità dei muscoli deputati all’equilibrio che è sempre vissuta dal bambino come un eccesso che gli permette di sperimentare il piacere di sentirsi unito in un clima di sicurezza. Giochi di avvolgimento dove il desiderio di essere protetti si manifesta molto precocemente nell’essere accolti tra le braccia. Giochi basati sul nascondersi i quali simboleggiano la ricerca della presenza e l’angoscia dell’assenza .  Giochi di identificazione con l’aggressore  (come ad esempio essere inseguiti o inseguire) giocando il ruolo dell’aggressore il bambino sdrammatizza la paura di essere stato aggredito con la stessa intensità che ha vissuto l’aggressione d’amore sulla madre. L’inversione dei ruoli aiuta il bambino a prendere emozionalmente le distanze dalla paura, favorendo la rappresentazione. I giochi di rappresentazione profonda portano una nuova visione sul concetto di regressione; se infatti sono animati dal desiderio inconscio di un ritorno al passato, vissuto più o meno bene; si tratta però di una regressione dinamica aperta all’emozione e alla comunicazione non verbale.
In Pratica Psicomotoria educativa, lo psicomotricista potrà implicarsi con molte precauzioni in un piccolo gruppo di bambini. I giochi di rassicurazione profonda troveranno invece il loro massimo valore nell’ Aiuto terapeutico ai bambini in difficoltà nel loro processo evolutivo perché troppo spesso sollecitano intensamente la trasformazione tonico-emozionale sia dello psicomotricista che del bambino che permettono il passaggio dalle rappresentazioni inconsce originarie a rappresentazioni più coscienti.

I giochi simbolici di rappresentazione profonda cedono gradualmente il posto ai giochi simbolici di rassicurazione superficiale. Li definiamo così perché permettono al bambino di rassicurarsi sia nei confronti dell’angoscia di castrazione sia nei confronti di conflitti meno importanti con i genitori che riattualizzano i conflitti passati. I giochi di rassicurazione superficiale, oltre a permettere al bambino di esprimersi senza timore di essere giudicato, gli danno la possibilità di tener conto della realtà trasformandola secondo i suoi fantasmi e il suo piacere. ( B. Aucouturier, 2013, pp. 161-171)

Il dispositivo della seduta

L’evoluzione dell’espressività motoria dei bambini richiede un quadro di contenimento, cioè un dispositivo spaziale e temporale ben preciso. Il dispositivo spaziale  è strutturato da due luoghi: il primo riservato all’espressività motoria e il secondo all’espressività grafica, plastica e al linguaggio. Il dispositivo temporale  è strutturato in tre tempi in modo da favorire un percorso di maturazione psicologica che potrebbe essere sintetizzato nella frase: “ dal corpo al linguaggio”. Il primo tempo sarà riservato all’espressività motoria, il secondo alla storia raccontata al gruppo e il terzo all’espressività plastica e grafica. Le fasi sono completate da un rituale di entrata e di uscita e la durata varia in base all’età dei bambini.
Il materiale per l’espressività motoria prevede alcuni arredi particolari: spalliere, grande specchio a parete, lavagna, armadi, contenitori di plastica per sistemare il materiale, cassoni mobili chiusi, è previsto un materiale morbido composto da cuscini in gommapiuma ricoperti di tessuti di diverso colore, ci sono inoltre tessuti colorati di tutte le dimensioni, sono a disposizione anche animali di peluche, corde corte di cotone, tubi di plastica lunghi un metro per giocare a combattere; piccole palle di gommapiuma, infine sono previsti materiali più rigidi come anelli di gomma, bastoni di legno, bacinelle, secchi di plastica e dei strumenti musicali.
Lo spazio riservato all’espressività grafica è meno ampio rispetto a quello motorio perché è dedicato al disegno e alle costruzioni. Per quanto riguarda l’attività grafica si utilizzano tavolini ovali su cui disegnare e sgabelli su cui si siedono di solito i bambini più grandi. Il materiale per il disegno è composto da fogli di carta bianca, pennarelli colorati, colori a cera o matite. Il materiale per costruire è in legno verniciato non colorato di diverse dimensioni.

Ad ogni luogo della sala corrisponde un materiale specifico, indispensabile, connotato da una dominante espressiva. (B. Aucouturier, 2013, pp. 159-159)

Obbiettivi della seduta psicomotoria educativa e preventica

Si possono sintetizzare in tre punti quali : 1) favorire lo sviluppo della funzione simbolica attraverso il piacere di agire,giocare, creare; favorire il passaggio ai diversi livelli di simbolizzazione che permetteranno ai bambini di vivere, all’interno di un quadro strutturato, il percorso “dal piacere di agire al piacere di pensare”, 2) favorire lo sviluppo dei processi di rassicurazione rispetto alle angosce tramite il piacere di tutte le attività ludiche. A questo proposito, la Pratica Psicomotoria assumerà la sua dimensione preventiva attenuando il rumore di fondo delle angosce, affinché il bambino possa prendere le distanze e accettarle. La Pratica troverà un suo vettore terapeutico ( da non confondere con la terapia) nell’acquisizione dei processi di rassicurazione psicologica di fronte alle diverse angosce e 3) favorire lo sviluppo dei processi di decontrazione permettendo l’apertura al piacere di pensare e al pensiero operatorio. . (B. Aucouturier, 2013, pp.155-156)

Condizioni istituzionali necessarie alla realizzazione

La Pratica Psicomotoria richiede alcune condizioni all’istituzioni in cui si svolge ed esige una mentalità aperta nell’equipe educativa dell’asilo-nido, della scuola materna o degli altri luoghi che accolgono bambini piccoli.
La realizzazione degli interventi richiede, da parte dell’équipe educativa, un’ottica comune, aperta sul bambino, che dia molta importanza all’azione nei processi di apprendimento, all’espressione libera, al gioco, alle emozioni e al linguaggio, così come all’attenzione continua verso le potenzialità di ogni bambino del gruppo. Richiede un’ottica condivisa su una pedagogia che privilegi l’esperienza dei bambini, la ricerca collettiva, l’elaborazione costante di un quadro istituzionale indispensabile allo sviluppo psicologico del bambino nel gruppo.
È necessario perciò, durante la fase preparatoria all’intervento, spiegare chiaramente gli obbiettivi, la metodologia, la strategia dei luoghi, l’importanza del piacere di agire, trasformare ed esprimersi. In questo lavoro preparatorio non è necessario parlare della problematica delle angosce ma occorre portare l’attenzione su “ come è “ il bambino, sulla comunicazione, la creazione e sulla qualità dell’adattamento dell’adulto di fronte ala produzione del bambino.

La sala della Pratica è riservata in particolare alla Pratica stessa, in cui i bambini potranno liberamente evolvere. Si tratta di un locale luminoso, curato, contenente materiali puliti e attraenti. Deve essere una sala in cui lo psicomotricista si senta bene e viva il piacere di stare insieme ai bambini. (B. Aucouturier, 2013, pp. 154-155)

domenica 29 giugno 2014

i principi pedagogici di base della Pratica Psicomotoria educativa

Il primo principio riguarda il dibattito educativo e pedagogico che pone il problema di considerare o meno questa pratica come un modello. Secondo Aucouturier :
“Essere un modello” è spesso inteso come omologare, limitare, annullare le potenzialità delle persone sopprimendone la creatività e inducendo in loro passività.
Al contrario, non fornire modelli significherebbe lasciare ad ognuno la possibilità di svilupparsi, confidando sulla natura buona . I limiti affettivi ed educativi che abbiamo riscontrato in bambini in difficoltà, ci portano a pensare che la natura buona sia particolarmente ingannevole e troppo spesso diventi un alibi che ci impedisce di aiutare un bambino.
Aiutare significa soprattutto non reprimere, non manipolare e non soffocare sul nascere le potenzialità ma accettare il bambino come essere unico, emozionalmente diverso da tutti gli altri bambini.
Il lavoro educativo ha come compito la realizzazione delle condizioni indispensabili alla maturazione psicologica di ogni individuo all’interno di un gruppo e la creazione di particolari condizioni di base che permettano lo sviluppo armonioso di ogni bambino.
L’educatore perciò svolge un ruolo importante nello sviluppo del bambino; esso rappresenta un “catalizzatore” della maturazione psicologica, maturazione che innanzitutto va capita, per poter essere integrata nella pedagogia e nella metodologia di ogni educatore. ( B.Aucouturier , 2013, p.138)
Il secondo principio,invece, riguarda il fatto che per saper riconoscere l’originalità e per conquistare il mondo il bambino ha bisogno di esprimere la propria onnipotenza, cioè la pulsionalità motoria che affianca la dinamica dei fantasmi d’azione. Dunque l’azione educativa consiste nell’aiutare il bambino a far evolvere questa sua pulsionalità attraverso il controllo sempre più fine di questa. Ne consegue che il bambino attua comportamenti e atteggiamenti verso se stesso e gli altri che si rifanno ad una grande attenzione verso il mondo e addirittura al piacere di essere responsabili delle proprie azioni.
La pulsionalità motoria evolve verso il moto pulsionale , cioè quel movimento tonico-affettivo interno che permette al bambino di evocare, senza realmente agire, sensazioni di azioni e il piacere a loro collegato. Il moto pulsionale dà origine quindi al processo che prepara all’azione e al desiderio dell’intenzione di agire e della capacità di trattenere, di memorizzare.
Si tratta di una evoluzione lenta che di solito arriva fino ai sei- sette anni; purtroppo gli educatori di frequente cercano di accelerarla oppure addirittura la ignorano perché non ne conoscono il valore come sorgente vitale, motore del piacere di agire e trasformare il mondo, del piacere di essere se stessi e di acquisire conoscenza.
Infine, il terzo principio pedagogico delinea le finalità educative per cui un progetto educativo possa considerarsi coerente :
Favorire lo sviluppo armonioso del bambino significa innanzitutto dargli la possibilità di esistere come soggetto unico e di esprimere un suo discorso particolare e specifico collegato agli avvenimenti della sua storia personale, ma significa anche dargli la possibilità di inserirsi in un discorso più generale di maturazione psicologica, indispensabile allo sviluppo del piacere di comunicare, creare e pensare . Quest’ultime sono tre finalità educative che difendiamo tenacemente e che rispondono ad un progetto educativo coerente in cui si inserisce la Pratica Psicomotoria educativa e preventiva. (B.Aucouturier, 2013,p.140)
 Secondo Aucouturier, la comunicazione è una necessità assoluta,che ha le sue radici nella qualità delle interazioni e nel piacere delle trasformazioni reciproche. Comunicare col bambino fin dai primi momenti di vita ha un’importanza pari a quella del nutrimento.
Un bambino che comunica è un bambino che ha visto riconosciute e rispettate fin dalla nascita le componenti non verbali della comunicazione. La madre ha dato senso ai significati non verbali del suo bambino,inserendolo in un ambiente di risposte non verbali che garantisce il piacere della comunicazione.
Le componenti non verbali vanno rispettate perché sono il modo privilegiato di comunicazione che utilizza il bambino piccolo. La comunicazione non verbale, economica, rapida e sempre carica di affetto, è basilare per una comunicazione verbale ben costruita. Dunque è fondamentale che l’educatore percepisca il senso dei messaggi non verbali del bambino e che risponda nel migliore dei modi, sia attraverso la qualità dei suoi gesti e delle sue emozioni, sia tramite il linguaggio verbale.
Il bambino cerca sempre la comunicazione perché desidera dirsi agli altri al fine di essere riconosciuto come persona unica e autentica. La comunicazione è il preludio alla decontrazione tonico-emozionale, elemento indispensabile per la formazione del pensiero operatorio. La comunicazione è prerequisito fondamentale di ogni azione educativa. (B.Aucouturier, 2013,pp. 140-143)
Per quanto riguarda il piacere di creare Aucouturier mette in evidenza come durante un’attività creativa il bambino sia distante, serio, assorto; arrivando ad affermare come la creazione sia solitudine e regressione a causa del collegamento tra creazione e ricerca dell’oggetto dell’amore.
La creazione da al bambino un senso di onnipotenza simile a quella del neonato convinto di essere il creatore del “seno” che soddisfa il suo piacere. La creazione quindi dà potere al bambino, potere che potrà in seguito offrire agli altri. Lo sguardo sulla propria produzione può essere considerato già come presa di distanza nei confronti della creazione e, più in generale, nei confronti di se stesso.
Per questo consideriamo la creazione come uno dei fattori che favorisce la decontrazione tonico-emozionale. Creare è un processo catartico o addirittura terapeutico quando il bambino trova la possibilità di porre in relazione i suoi fantasmi d’azione, l’esperienza affettiva trascorsa e il sé esistenziale.
Il giocare, che è atto creativo, dà forma ai contenuti inconsci, cioè ai fantasmi d’azione; il gioco è il piacere di mettere in scena rappresentazioni inconsce. Dunque, l’educatore è colui che saprà rendere dinamico il piacere di creare giocando a sua volta con i materiali culturali che utilizza nella sua pedagogia per favorire la crescita psicologica dei bambini. (B.Aucouturier, 2013, pp. 143-145)
Infine l’ultima finalità educativa riguarda il piacere di pensare. Aucouturier ritiene che quest’ultimo tragga origine dalla creazione del fantasma di azione, ritenendolo inseparabile da un oggetto di riferimento sul quale il bambino intende agire, nasce cioè da un’azione illusoria che lega il bambino alla madre e che si forma a partire dall’attività di rappresentazione.
Il piacere di pensare richiede allora di prendere in considerazione tutti i giochi di trasformazione che permettono al bambino di passare da formazioni psichiche inconsce alla loro traduzione cosciente. Il piacere di pensare richiede che il bambino sia lasciato libero di esprimere i suoi fantasmi d’azione attraverso il piacere di agire. Solo così potrà esprimere tutta la sua potenza nel trasformare il mondo e quindi liberarsi dagli oggetti cattivi interni ed esterni che possono invaderlo: prendere, gettar via, riunire, separare, selezionare, associare significa già «pensare un’azione».

La decentrazione sarà il risultato di una maturazione affettiva e psicologica che permette al bambino di scoprire che il piacere di pensare un proprio pensiero è anche piacere di esistere. (B.Aucouturier, 2013, pp. 145-146)

giovedì 26 giugno 2014

la psicomotricità ha o no una valenza scientifica?è giusto considerarla terapeutica?

Dicendo «riflessione teorica» non intendiamo affatto qualcosa di disgiunto dall’operatività pratica. (…) Teorizzazione e indagine pratica sono le due facce della stessa medaglia, senza rapporto gerarchico fra loro. Ciò è ancora più vero per la psicomotricità. È stata proprio la costruzione di metodi e linguaggi osservativi condivisi e vagliati, la generalizzazione a partire da esperienze e osservazioni concrete, il controllo sul campo di tali generalizzazioni nonché gli apporti e le conoscenze con altre branche scientifiche che hanno permesso alla psicomotricità di disporre di un corpus teorico ben identificabile, seppur in evoluzione, di un linguaggio proprio e traducibile in quello di altre discipline e di una metodologia di intervento condivisa.
L’ANUPI ( Associazione Nazionale Unitaria Psicomotricisti e Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Étà Evolutiva Italiana), pur con i limitati mezzi a disposizione, in più di vent’anni di attività ha operato in modo coerente in questa direzione, definendo le modalità per la presa in carico, proponendo continue riflessioni sul processo terapeutico o educativo, sui criteri di osservazione e di valutazione, e ponendo dei limiti precisi rispetto agli ambiti di intervento dei propri associati”(E.Berti e F.Comunello, anno 2011, pp.24-25).
Nel corso degli anni è sorta, da parte di altre discipline, una domanda che pone l’accento sul fatto che la psicomotricità abbia o meno una evidenza scientifica. “La spinta a tentare questa indagine è venuta anche da un suggerimento di Giovanni Chiavazza, psicologo e psicoterapeuta, collaboratore assiduo e attento dell’ANUPI. (…)  Gli spunti di riflessione offerti da Chiavazza sembrano indirizzare verso un tema che potremmo definire la ricerca delle costanti nella diversità e variabilità nelle costanti delle interazioni. Ciò significa che è specifico della psicomotricità considerare i particolari dell’espressività, che si manifestano con scarsa o nulla consapevolezza, quali elementi caratterizzanti le interazioni, e oggetto proprio della ricerca e della progettazione terapeutica o educativa che sia.(…) Il che rinvia ovviamente alla percezione,all’osservazione, alla capacità di cogliere gli elementi che caratterizzano le azioni che si ripetono, al confronto e controllo intersoggettivi”.(, E.Berti e F.Comunello, 2011,  pp.27-28)
Di conseguenza ne deriva la domanda che si interroga se sia vero o meno che la psicomotricità possegga un fattore terapeutico o protettivo. “L’espressione «fattore terapeutico» comporta che si deve cercare e dimostrare la presenza di un elemento specifico che cura e, in ambito educativo, che protegge, cioè che abbia la funzione preventiva di vaccino. Ne consegue che, implicitamente elemento essenziale per dimostrare la scientificità della psicomotricità è l’individuazione di una catena causale precisa. Inoltre, la domanda sottende, implicita e probabilmente inconsapevole, una concezione della disabilità come una malattia che si può guarire o ridurre. Così posta la domanda non è rispondibile, perché la disabilità non è una malattia bensì una condizione esistenziale, che tanto o poco, può essere fatta evolvere  tramite la presenza o la modifica dei contesti. Se mai esistono fattori terapeutici o protettivi, essi sono plurali, non identificabili con matematiche indagini a priori, dipendenti dai contesti e modificabili secondo l’evolversi della situazione.
D’altra parte l’ICF ( Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute ), cui certo non si può negare di essere il risultato di un lungo e complesso lavoro scientifico, trascende i diversi ambiti disciplinari e non si pone certo il problema del «principio attivo». Ancora più importante «non è più una classificazione delle “conseguenze delle malattie” (…) ma è diventata una classificazione delle componenti della salute»  (OMS,2011,p.11), ponendo l’accento sul funzionamento e sugli elementi contestuali. Esso infatti è suddiviso in due parti: «Funzionamento e Disabilità» da un lato e  «Fattori Contestuali» dall’altro; la prima a sua volta è suddivisa in due sezioni: «Funzioni e Strutture corporee» e «Attività e Partecipazione». È interessante rilevare che il termine corpo «si riferisce all’organismo umano nella sua interezza, e quindi include il cervello e le sue funzioni, ovvero la mente. Le funzioni mentali (o psicologiche) sono perciò classificate nelle funzioni corporee» (OMS,2001,p.25). Tale concezione onnicomprensiva del corpo, pur rispettando gli ambiti specifici delle diverse discipline, trascende tutte le opposizioni e le separazioni nette e riafferma l’unità dell’essere umano proprio in quanto corpo. Essa richiama l’originaria concezione della psicomotricità che intendeva sottolineare l’inscindibile interconnessione fra processi e manifestazioni motori e senso motori da un lato e processi e manifestazioni affettivi, emotivi e cognitivi dall’altro”. ( E.Berti e F.Comunello, 2011, pp .32-33)
In sintesi, nell’ultima classificazione dell’OMS non si fa più riferimento a situazioni di deficit, ma a termini che analizzano la salute dell’individuo in chiave positiva; ovvero, mettendo in relazione la salute e l’ambiente, andando a considerare tutte le situazioni sfavorevoli di quest’ultimo che potrebbero causare disabilità. L’individuo e il suo corpo vengono considerati non come due cose distinte dove il corpo presenta malattie o disabilità, ma vengono considerati nella loro globalità e unicità; l’attenzione non viene più posta sui limiti ma sulle potenzialità che l’individuo riesce ad esprimere in un ambiente favorevole. Tale considerazione sta alla base  della psicomotricità, la quale si pone in un ambiente sicuro e protetto come esperienza favorevole al fine di esprime l’unicità dell’essere in quanto tale.
Per queste ragioni la psicomotricità fu vista dai pedagogisti come un nuovo metodo per osservare e interagire con i bambini, divenendo così alla fine degli anni Settanta del Novecento una risposta alternativa alla “didattica speciale”, trovando una sua collocazione originale nella scuola dell’obbligo.

La terapia psicomotoria per l’approccio globale alla personalità si propone come la modalità più adeguata nella cura delle patologie dell’età evolutiva. In particolare è efficace con bambini delle fasce di età tra 0 e 7-8 anni, periodo in cui c’è il primato della comunicazione non verbale su quella verbale, dei nuclei psicoaffettivi su quelli cognitivi, del corpo sulla mente. Adatta , in modo particolare, per bambini portatori di handicap psicofisici fin dalla nascita; infatti le limitazioni fisiche incidono negativamente sulla strutturazione dell’immagine di sé, sull’autostima e in definitiva sulla personalità stessa del bambino condizionando il processo maturativo. Al di là delle varie correnti di pensiero e dei vari metodi di riabilitazione psicomotoria ,appare opportuno fare propria l’idea di fondo che tutti trasmettono e condividono: l’importanza della integrazione mente-corpo per garantire all’individuo, bambino o adulto che sia, un equilibrio psicofisico ed una migliore qualità di vita.

la psicomotricità nel contesto italiano, norme e strutturazione

 “La cultura della psicomotricità si è diffusa in Italia nei primi anni Settanta del secolo scorso in un clima sociale e culturale che favoriva sia la critica che la sperimentazione di nuovi modelli sociali,scientifici, educativi e terapeutici. Sin dall’inizio, ha posto come assi portanti del proprio agire e del proprio pensiero: la centralità del corpo quale produttore e organizzatore di senso; l’azione quale manifestazione primaria della soggettività e della costruzione della realtà; l’interazione,al contempo dato fondante e strumento di ogni processo evolutivo, cognitivo e affettivo”.(…) “ Sempre più chiaramente, la cultura della psicomotricità, propone il ruolo centrale della relazione, dell’intersoggettività,la logica della complessità e quindi la non predeterminazione degli esiti, la co-costruzione del senso e dei percorsi” ( E.Berti e F.Comunello, 2011, pp.23-24) .

Grazie, appunto,  alla logica della co-costruzione che la psicomotricità ha aperto i suoi orizzonti,  arricchendo i suoi studi  con quelli di altri settori quali : la psicologia dell’età evolutiva, le neuroscienze, la sociologia  e la filosofia della scienza. 
L’ANUPI ( Associazione Nazionale Unitaria Psicomotricisti e Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Étà Evolutiva Italiana), pur con i limitati mezzi a disposizione, in più di vent’anni di attività ha operato in modo coerente in questa direzione, definendo le modalità per la presa in carico, proponendo continue riflessioni sul processo terapeutico o educativo, sui criteri di osservazione e di valutazione, e ponendo dei limiti precisi rispetto agli ambiti di intervento dei propri associati”(E.Berti e F.Comunello, anno 2011, pp.24-25).

evoluzione dell'espressività motoria

L’osservazione dell’espressività motoria può avvenire in ogni momento e in ogni luogo in cui il bambino gioca: dall’asilo- nido alla scuola materna o in casa. La Pratica Psicomotoria di Aucouturier, dove il bambino può trovare la continuità delle condizioni materiali e relazionali indispensabili a liberare il piacere della sua espressività motoria.
Il bambino vive l’originalità della sua espressività motoria che manifesta attraverso il piacere delle relazioni non verbali con il mondo esterno e con se stesso. Lo schema proposto faciliterà un’osservazione in itinere dell’espressività motoria, indispensabile all’analisi progressiva del comportamento:
        ·            Espressività motoria nelle relazioni con le persone; il bambino è sollecitato da altri quando riceve cure, per comunicare,giocare o collaborare, o quando deve rispettare delle consegne? Il bambino sollecita gli altri quando desidera essere protetto,rassicurato,curato,quando desidera ottenere un oggetto o quando desidera interagire per comunicare,giocare o collaborare? Le modalità attraverso cui sollecita gli altri riguardano la seduzione, imitazione, anticipazione, provocazione, invito o aggressione ,quali sono le trasformazioni tonico posturali, i mezzi che utilizza e in che modo rompe le interazioni?l’attenzione verso gli altri come la dimostra, se riceve,accoglie,prevede, anticipa, partecipa, se è sensibile alle emozioni degli altri e se prova un “sentimento di sollecitudine”.
        ·            Espressività motoria nelle relazioni con lo spazio; durante la conquista della verticalità  si osservano le sequenze posturali e motorie che il bambino utilizza per conquistare la posizione eretta,la solidità degli appoggi, la sicurezza degli spostamenti, i riadattamenti tonici e posturali durante i momenti di disequilibrio. Durante gli spostamenti si osservano i percorsi privilegiati,il movimento nello spazio (es. camminare,correre ecc..) e la fluidità corporea nello spazio (es. adattamento tonico,ritmico ed emozionale,ampiezza dei gesti ecc..) L’attenzione allo spazio dove si osserva l’anticipazione di fronte alle difficoltà che presenta lo spazio, la valutazione cognitiva dello spazio( direzioni, distanze, velocità), l’attenzione allo spazio degli altri e la difesa del proprio spazio,cioè i luoghi privilegiati. Le rappresentazioni dello spazio ovvero gli assemblaggi, le costruzioni.
        ·            Espressività motoria nelle relazioni con gli oggetti; Oggetti utilizzati dal bambino cioè che caratteristica ha,la frequenza dell’utilizzo,da dove proviene,la caratteristica comune tra i diversi oggetti utilizzati,l’evoluzione degli oggetti. Come sono utilizzati gli oggetti cioè l’attenzione verso l’oggetto. Le caratteristiche dell’utilizzo dell’oggetto ovvero senso motorio ed esplorativo, simbolica, cognitiva ( mette insieme, fa paragoni),i modi di utilizzo dell’oggetto, la qualità dell’utilizzo dell’oggetto (adattamento al movimento,alla velocità,al ritmo), il modo di agire sull’oggetto (tenerlo,custodirlo, proteggerlo,gettarlo via). Le trasformazioni operate sull’oggetto quindi l’alternanza di costruzione- decostruzione e cosa ne fa della costruzione conservata. Il bambino e la costruzione  cioè si osserva il modo in cui costruisce,la varietà degli oggetti utilizzati,se costruisce da solo o con i compagni, se ha un progetto di costruzione, se ha un accordo di progetto con un altro pari, se compie una sequenza logica di azioni per realizzare il progetto,l’alternarsi delle azioni e infine cosa se ne fa della costruzione.
        ·            Espressività motoria nella relazione con la durata; ovvero quanto fa durare le interazioni, i giochi e la continuità del gioco,nella comunicazione,nella collaborazione con gli altri.
        ·            Espressività motoria nella relazione con se stesso; L’attenzione a sé , quindi la capacità del bambino piccolo di occuparsi di sé, di aver cura di sé, interesse per l’immagine del corpo alla specchio, piacere del movimento, vivere le trasformazioni tonico emozionali, agire per scoprire,sperimentare, creare, controllare. I giochi di rassicurazione quindi vedere se si tratta di rassicurazione profonda , superficiale o giochi di identificazione con l’aggressore e l’aggredito. La rappresentazione di sé quindi le prime rappresentazioni come il sorriso, sguardo, voce, mimica, postura, gesto, attività ritmica e le tracce grafiche, il disegno di sé, le costruzioni. Infine , La decontrazione tonico emozionale riguarda l’osservazione della capacità di analisi della realtà spaziale, temporale, emozionale,l’ interesse per l’attività operatoria e logica e l’intelligenza pratica come risolvere e porre problemi pratici. (B.Aucouturier,2013, pp.129-134)


espressività mototria

La base del lavoro dello psicomotricista è riassumibile nel concetto di espressività motoria. Quest’ultima viene definita da Aucouturier come : il modo attraverso il quale il bambino può manifestare il piacere di essere se stesso, di diventare autonomo e di esprimere il piacere di scoprire e conoscere il mondo che lo circonda.
Il piacere di essere se stesso genera un sentimento di libertà che permette al bambino di raggiungere la realizzazione di sé, di essere felice nei rapporti con gli altri, perché la felicità e la libertà sono nella condivisione. L’affetto di piacere e la sua dimensione pulsionale sono indissociabili dall’espressività motoria anche se è necessario considerare che nel bambino esistono due modalità di espressione del piacere che incontriamo di frequente nella pratica:
1)      Il piacere della ripetizione delle azioni ; è un processo che rassicura il bambino e crea in lui il desiderio di conoscere e di anticipare azioni senza angoscia, stimola la capacità di adattamento ritmico e tonico emozionale nei confronti del mondo esterno, sviluppa quella capacità di attenzione indispensabile a memorizzare le azioni e lo sviluppo dell’intelligenza pratica.
2)      Il piacere di stupirsi; è la rottura dell’autonomia provocata dalla sorpresa di un avvenimento esterno, più o meno atteso, crea a livello emozionale un forte stupore che altro non è se non una scarica di affetti di piacere dovuta alla rapida trasformazione dell’attività tonica. (B.Aucouturier,2013, pp.126-127)
Una delle abilità dello psicomotricista è creare le condizioni necessarie affinché si realizzi l’espressività motoria al fine di liberare il bambino dai fantasmi d’azione. Ciò è possibile in un clima di sicurezza affettiva in cui il bambino possa vivere il piacere di agire e di trasformarsi a livello tonico emozionale. È, perciò, importante prestare attenzione ai cambiamenti dell’espressività motoria in rapporto alla sicurezza affettiva che l’adulto offre al bambino.
L’evoluzione dell’espressività motoria avviene in maniera graduale ed è generata dallo sviluppo delle capacità di simbolizzazione, dell’identità e del linguaggio. Ogni bambino elabora uno stile tutto originale di espressività motoria che fa pensare alla qualità delle relazioni tonico-affettive delle prime relazioni non verbali.
Per Aucouturier la sala della pratica psicomotoria, con i suoi luoghi pensati e predisposti e con il suo materiale, rappresenta uno spazio simbolico di sostegno e sicurezza che rappresenta il corpo della madre. Infatti nella sala psicomotoria il bambino, attraverso i materiali, è libero di rotolare, girare intorno, camminare, pestare i piedi per terra, equilibrarsi, cadere, saltare, afferrare, toccare, gridare, ridere, dondolarsi, rannicchiarsi, distruggere, costruire, nascondersi, scoprirsi, quindi attività simboliche di piacere che permetto al bambino di rievocare l’oggetto madre e di appropriarsene simbolicamente per dominarlo. La sala rappresenta, cioè, uno spazio transazionale, il quale ha la funzione di preservare e sviluppare le capacità fantasmatiche d’azione.
Quando il bambino non riesce a risolvere il conflitto tra odio e amore nei confronti dell’oggetto, restano vivi nel suo inconscio desideri di distruzione e angoscia di perdita, i cui sintomi sono l’ipermotricità e la passività motoria collegate ad un forte dispiacere. L’espressività motoria ha in questa situazione il senso di un profondo malessere. I disturbi dell’espressività motoria sono visibili nelle manifestazioni psicomotorie: l’ipermotricità e la passività motoria infatti sono sintomi della sofferenza psichica causata da un deficit nell’integrazione somatopistica al suo livello più arcaico. Il bambino cerca infatti di rassicurarsi tramite l’agitazione motoria, ma è una ricerca di rassicurazione che non può nulla contro l’angoscia perché è in realtà una pseudo- rassicurazione in relazione all’assenza dolorosa dell’oggetto. Alcuni bambini in condizioni di sofferenza psichica, si abbandonano alla loro angoscia e non cercano questa pseudo rassicurazione attraverso l’agitazione motoria ma si lasciano andare alla passività motoria, ad una depressione latente e all’ipotonia. L’insicurezza interiore provocata dagli engrammi di inibizione e dagli affetti di dispiacere bloccano il piacere di essere se stessi e di andare alla scoperta del mondo.

Sono da considerare disturbi dell’espressività motoria anche le manifestazioni ripetitive dovute alla fissità delle immagini ossessive collegabili all’allattamento, all’aggressione, all’espulsione e alla regressione. Le ripetizioni sono sempre accompagnate da fissità emozionali che esprimono sofferenza psichica e malessere interiore. Per i bambini che presentano quest’ultimo problema, l’Aiuto Psicomotorio avrà l’obbiettivo di sbloccare queste fissità per mezzo dei giochi di rassicurazione profonda, modificando cosi le loro immagini ossessive. Le risonanze tonico emozionali condivise tra bambino e terapeuta permetteranno lo sblocco.

evoluzione dei fantasmi d'azione

Dopo aver definito il concetto di fantasma d’azione Aucouturier parla della sua evoluzione e delle azioni simboliche inerenti ad ogni fantasma. All’inizio vi sono i fantasmi d’azione collegabili alle interazioni che avvengono durante l’allattamento e sono : penetrare, fondersi, incorporare, distruggere, aggredire. Le azioni compiute in perfetta armonia tra la diade madre-figlio danno origine a fantasmi di penetrazione orale, di fusione, fantasmi che esistono se i desideri del bambino corrispondono con quelli della madre. Al contrario, le azioni sadiche danno origine a fantasmi quali: incorporazione, divorazione e distruzione dell’oggetto. I fantasmi d‘azione e le azioni simboliche inerenti riguardano:
§   “un aggressione d’amore”→ Quando un bambino aggredisce la madre per incorporarla, divorarla e assimilarla, desidera appropriarsi di ciò che ama. Amare è infatti mangiare, distruggere, annientare l’oggetto in sé. Mangiare è far scomparire e ciò può generare senso di colpa perché il bambino non può sopportare le conseguenze della sua distruzione, poiché la perdita d’amore è anche perdita di sé. Il senso di colpa rischia di intensificarsi a causa delle reazioni della madre che riceve questa aggressione d’amore. Infatti, può capitare che la madre reagisca bruscamente al morso o graffio spostandosi rapidamente all’indietro per allontanarsi da lui. Questa rottura crea una separazione ma in una modalità di tensione. Così il bambino rischia di vivere un dramma d’amore, arrivando a censurare i fantasmi di divo razione e desideri di distruzione attraverso un contenimento tonico. Può succedere, di conseguenza, che all’asilo nido alcuni bambini mordano crudelmente. L a violenza orale incontrollata e prolungata non è altro che l’espressione motoria della pulsionalità distruttiva e divoratrice d’amore da cui il bambino, a causa di una mancanza di un processo di simbolizzazione, non è abbastanza protetto, oppure troppo colpevolizzato.( B.Aucouturier,2013, pp.64-66)
§  Una madre “sufficiente buona”→È quella che instaura un clima di rassicurazione affettiva anche di fronte all’aggressione d’amore. In un primo tempo accetta la pulsionalità dei fantasmi di distruzione e nne prende le distanze, perché acquisisce la capacità di anticipare l’aggressione. In un secondo tempo rassicura il bambino in un clima di gioco in cui tono, posture, gesti, voce, sorriso, sguardo e parole, sdrammatizzano e tranquillizzano. La de colpevolizzazione dei fantasmi di distruzione favorisce l’apertura alla simbolizzazione. L’atteggiamento coerente della madre aiuterà il bambino a far sì che il piacere di questo “amore divorante” evolva verso altre forme d’amore che permetteranno al bambino l’accesso al piacere di comunicare. Concretamente, la distruzione delle pile di cuscini nella sala di Pratica Psicomotoria, a cui partecipa lo psicomotricista e nella quale il bambino vince sempre sull’adulto, apre il bambino a un grande piacere,c he provoca in lui un’evoluzione enorme. Se desideriamo che il bambino cresca è importante che egli possa superare le sofferenze associate alle pulsioni di distruzione dell’“oggetto d’amore”. (B.Aucouturier,2013, pp. 66-68)
§  Giocare a distruggere per essere se stessi→ Verso il primo anno la madre costruisce una torre di cubi di fronte al bambino e, una volta che la costruzione è completata, la distrugge. La madre che accetta la distruzione della torre da lei costruita, permette al bambino di vivere il piacere della pulsionalità distruttiva. Si tratta dell’espressione del fantasma di dominio sadico che manifesta l’onnipotenza esercitata dal bambino sulla madre attraverso lo spazio transazionale della torre. (B.Aucouturier,2013, p 69)
§  Il lupo:metafora dei fantasmi collegati all’oralità→ Il gioco del lupo esprime l’intensità fantasmatica ed emozionale che può vivere un bambino durante la fase orale. Con bambino dell’asilo-nido o della scuola materna, «una bestia che fa paura» può essere simbolizzata con un gesto, posizione quadrupedica o un grido. L’emozione è fortissima quando il lupo si avvicina alla casa: alcuni bambini urlano,altri chiudono gli occhi,altri giocano a provocarlo, a imitarlo. Basta dimostrare che il lupo non è cos’ pericoloso per attenuare l’angoscia dei bambini e la loro paura di essere divorati dall’aggressore. L’identificazione con l’oggetto esterno che aggredisce sdrammatizza la situazione e rassicura il bambino. La paura di un lupo che si nasconde dietro ad una porta deve essere presa sul serio se si vuole aiutare a risolverla in un clima di sicurezza. Il bambino, preso dall’angoscia di perdita del suo amore divorante, può essere aiutato a simbolizzare le emozioni che lo invadono attraverso il disegno e le parole. Inoltre, è interessante raccontare ai bambini la favola del lupo e i tre porcellini perché è una favola universale che ha il potere di evocare l’angoscia della perdita e i fantasmi legati all’oralità. In realtà i tre porcellini simboleggiano le tappe della costruzione dell’Io, dell’edificio psichico. Alla fine i tre porcellini trionfano sull’aggressore: hanno vinto la paura e, in ciò consiste il senso metaforico. (B.Aucouturier,2013, pp. 69-72)
§  Il piacere di aver paura→ Giocare alla paura crea un piacere tale da dare al bambino l’impressione di aver compiuto una prodezza, perché dominare la propria paura valorizza a livello narcisistico, è dominare la paura di essere divorati. (B.Aucouturier,2013, p 72)
§  Riunire e separare→ I giochi di incastro essendo a livello simbolico fantasmi di penetrazione e incorporazione o di rigetto ed aggressione, sono giochi di rassicurazione relatici all’angoscia di perdita dell’oggetto madre e della perdita di sé. Sulla stessa linea teorica, pensiamo che anche il modo tonico-emozionale di stare nello spazio per mezzo della voce, delle grida, delle risate, dei ritmi del movimento e della postura, del modo di camminare e correre di ogni bambino, rappresentino una simbologia dei fantasmi di penetrazione, del desiderio inconscio di penetrare il corpo della madre. Attraverso il modo in cui occupa lo spazio, il bambino manifesta il suo potere dei genitori su di lui e vive il piacere di agire. (B.Aucouturier,2013, pp 73-74)
§  L’ecoprassia→ Questo gioco consiste nel: la madre alimenta il bambino con il cucchiaio,quando il bambino apre la bocca la apre anche lei,poi il bambino prende il cucchiaio vuoto e dà da mangiare alla mamma. Questo gioco è ben più di una attività imitativa, è anche un gioco di comunicazione e di apertura alla dimensione simbolica orale. È un gioco che deriva da una triplice esperienza: collegare i fantasmi di interpretazione orale ad un piacere narcisistico di agire sull’altro e imparare a conoscere il registro simbolico in una relazione. Il gioco ecoprassico segue i giochi ecoliaci vissuti da madre e bimbo come risultato delle interazioni durante le quali l’uno e l’altra si sono reciprocamente trasformati. (B.Aucouturier,2013,p 75)
Aucouturier afferma, poi, come molto prima dei sei mesi di vita, l’unione mano-bocca permette al bambino l’esplorazione della parte interna della bocca. L’esperienza della mano gradualmente si evolve coordinandosi a quella dell’occhio. È in questo momento che Aucouturier descrive i fantasmi d’azioni e azioni simboliche collegabili alla prensione. ,che riguardano :
§  Il fantasma dell’afferrare→ Il desiderio di afferrare evidnzia una continuità tra fantasma dell’afferrare e i fantasmi d’allattamento. Il fantasma dell’afferrare infatti è il risultato del desiderio del bambino di ritrovare il contatto con la madre, di toccarla, di prenderla in sé e di essere con lei: il bambino tocca e prende per ritrovare la madre che è in lui. Le mani del bambino crescono esplorando lo spazio con la stessa facilità, attenzione e precisazione delle mani della madre quando si occupava di lui. Gli oggetti, che la madre gli porge e che il bambino afferra, assumono un valore eccezionale, perché, investiti dell’affetto di piacere della madre; diventano oggetti transazionali . Il bambino, perciò, tocca tutto per il piacere di esplorare e di conoscere ma soprattutto per avere un ascendente sulla madre. L’espressione «non toccare!» è necessaria per proteggere il bambino, ma la proibizione ripetuta,a causa di un eccessivo controllo da parte della madre, ottiene come risultato la colpevolizzazione del bambino sul piacere di afferrare limitando le sue capacità manuali e creative. (B.Aucouturier,2013,pp. 76-77)
§  Precisazioni sul concetto di oggetto transizionale→ L’oggetto transazionale è un oggetto a cui il bambino si attacca particolarmente. Quando il bambino non ritrova questo oggetto elettivo sembra perduto, inconsolabile. Questo oggetto gioca tre ruoli: rassicura il bambino perché rende presente la madre in sua assenza nel periodo in cui non possiede ancora la sicurezza della rappresentazione dell’oggetto, prepara alla funzione simbolica ed  è una vittima perché è amato e aggredito; cioè diventa luogo di espressione pulsionale dei fantasmi di incorporazione e di distruzione.
Una volta che il bambino acquisisce la posizione eretta, entrano in gioco, per Aucouturier, i fantasmi d’azioni collegabili alla motricità. Il fantasma di elevazione è una conseguenza del fatto che il bambino è stato spostato diverse volte, dalla posizione orizzontale a quella verticale per essere portato all’altezza del viso della madre. Gli enigrammi d’azione derivati da questi spostamenti danno vita a fantasmi d’azione come spiccare il volo, elevarsi, volare, atterrare, cadere, volteggiare, oscillare. Quest’ultimi alimentano il desiderio di raddrizzarsi, diventare grandi, salire, scendere, saltare in basso, ma anche il desiderio di cadere. In sintesi,Aucouturier evidenzia:
§  il piacere di stare in piedi→l’estensione in senso verticale,incoraggiata dalla madre, procura grande piacere al bambino che gode della rigidità tonica necessaria a far fronte alla pesantezza. Teso come un unico blocco in posizione eretta, il bambino prova un sentimento di unità, di onnipotenza e indipendenza. (B.Aucouturier,2013, p 81)
§  il piacere di cadere→ La caduta è la capacità nuova di abbandonarsi alla pesantezza come compenso agli sforzi compiuti per conquistare la posizione eretta con l’incoraggiamento dei genitori. È un modo per dimostrare loro che è sicuro di sé, di poter cadere al suolo e rialzarsi senza il loro aiuto. È un piacere di per sé e un’affermazione di sé nei confronti dei genitori. É la prova di una separazione ben accettata. Durante le pratiche psicomotorie educativa, al nido e alla scuola materna, abbiamo osservato il piacere intenso che i bambini provano quando giocano a cadere, il piacere cioè di trasformare con violenza il proprio corpo. Eppure alcuni bambini sono presi dal panico quando sono in disequilibrio e vengono trascinati in una caduta. Sono bambini con una certa fragilità nella costruzione della rappresentazione di sé. (B.Aucouturier,2013, pp. 86-87)
§  il piacere di correre → Il bambino corre per il piacere di muoversi nello spazio,scoprendo la velocità e l’autonomia dei movimenti delle gambe e delle braccia in rapporto al tronco. La liberazione della motricità porta con sé la liberazione delle emozioni, soprattutto se i genitori partecipano alle sue prodezze incoraggiandolo. Il piacere di correre libera il corpo permettendo al bambino di allontanarsi dai suoi familiari. (B.Aucouturier,2013, p 88)
§  il piacere di dondolarsi→ È l’espressione del fantasma d’azione dell’oscillare, derivato da engrammi d’azione provocati dall’andatura ondeggiante della madre durante la gravidanza e i dondolii di ritmi ed ampiezze diverse che i genitori hanno utilizzato per calmarlo o addormentarlo. (B.Aucouturier,2013, p 88)
§  il piacere del salto in profondità→ Il gioco del cadere evolve verso il gioco del salto in profondità che fa perdere gli appoggi e i riferimenti spaziali. Il salto in profondità è l’espressione del fantasma d’azione di volare. (B.Aucouturier,2013, pp 88-89)
§  il piacere di girare intorno→ È l’espressione del fantasma d’azione di  volteggiare e dà luogo a tutte le attività di rotazione che i bambini ripetono e che gli adulti ritrovano più tardi nella danza, nelle attività acrobatiche al suolo ecc..Questi fantasmi si riferiscono a engrammi generati nel periodo prenatale,quando il feto è mobilizzato dai movimenti della madre poi si muove e si gira in assenza di peso dell’utero. (B.Aucouturier,2013, p.89)
§  i giochi di piacere sensomotorio → Perdere l’equilibrio, cercare l’equilibrio, cadere, saltare, girare e dondolare sono giochi che sollecitano intensamente il sistema labirintico e stimolano particolarmente la muscolatura deputata all’equilibrio. Il piacere di trasformare questa muscolatura, associato al piacere di trasformare numerose funzioni sensoriali necessarie al processo di mantenimento della funzione dell’equilibrio, danno luogo ad un “sentito” del corpo collegato alla muscolatura. I giochi di piacere sensomotorio, come li abbiamo definiti in pratica Psicomotoria, sono giochi simbolici a pieno titolo, avendo sia una funzione di rassicurazione nei confronti dell’angoscia di perdita della madre sia una funzione di mantenimento dell’unità di piacere e di affermazione di sé e permettono di accedere ai giochi di identificazione. (B.Aucouturier,2013, p 90)
§  i giochi di rassicurazione profonda→ Tutti i giochi del bambino simboleggiano i fantasmi d’azione; i giochi infatti sono creazioni simboliche per rassicurarsi di fronte alle angosce di perdita accettabili e, allo stesso tempo, per integrare la realtà e vivere il piacere di essere se stessi. La Pratica Psicomotoria educativa e preventiva dà un notevole contributo ai processi di rassicurazione contro le angosce, cioè alla rassicurazione emozionale, attraverso strategie. (B.Aucouturier,2013, p. 91)
Per quanto riguarda i fantasmi d’azione collegati all’espulsione Acouturier mette in evidenzia :
§   il piacere di dare e di trattenere→ La zona genitale e anale sono zone del corpo molto sensibili alle azioni della madre che compie nella cura. Durante l’espulsione delle feci tutto il corpo partecipa. Lo sforzo, che è diretto della zona pubica anale, è ritmato da numerosi respiri liberatori; il bambino è in una situazione di tensione che sembra faticosa ma che invece procura piacere. La distensione dopo l’espulsione crea un senso di unità di piacere che compensa una certa angoscia per la perdita delle feci. Quest’ultime sono offerte come un dono simbolico per il piacere di ricevere cure, per mantenere una relazione affettiva con la madre. (B.Aucouturier,2013, pp. 91-92)
§  Conseguenze derivanti dal controllo→ La ritenzione volontaria delle feci è un tempo di sospensione dell’atto di defecare che permette al bambino di immaginare e anticipare il piacere della trasformazione del corpo dovuto al rilasciamento degli sfinteri e all’espulsione. Nella fantasmatica anale l’espulsione differita può simboleggiare l’espulsione distruttiva dell’oggetto interno ma anche un attacco all’oggetto stesso, come un rifiuto di sottostare alle esigenze della madre. L’espulsione-ritenzione attesta l’esistenza, nell’inconscio del bambino, del desiderio di distruggere l’oggetto e allo stesso tempo di amarlo. (B.Aucouturier,2013, p.92)
§  minzione→ La capacità di dominare il bisogno di “fare pipì” segna il controllo volontario dell’inizio e della fine dell’azione di urinare attraverso il quale il bambino prende coscienza del trascorrere del tempo.
All’asilo-nido come alla scuola materna o in spiaggia, i bambini giocano a riempire dei bussolotti con acqua e sabbia finchè non sono pieni, poi li vuotano rapidamente o lentamente ma sempre con molto piacere. Questo gioco ripetitivo si riferisce alla coppia assorbimento-espulsione che acquista tutto il suo valore funzionale solo quando si articola sulla problematica anale e uretrale. Il gioco di riempire e svuotare è una simbologia dell’allattamento e dell’evacuazione. (B.Aucouturier,2013, pp.94-96)
Per quanto riguarda i fantasmi d’azione collegati alla genitalità : fino ai tre anni l’angoscia dominante è quella della perdita della madre,ma dopo i tre- quattro emerge l’angoscia della castrazione che, per la bambina si traduce come l’angoscia dell’aver perduto l’appendice genitale mentre per il bambino l’angoscia di perderlo. Di conseguenza, Aucouturier parla di:
§  I fantasmi d’azione incestuosi→ Nella problematica edipica il bambino vuole la madre solo per sé e fantasmatizza un’azione d’amore incestuoso con lei, ma il padre è un ostacolo a questa relazione esclusiva; il bambino vorrebbe eliminarlo e allora fantasmatizza l’azione di uccidere il padre, di distruggere, sebbene, l’ami, il suo rivale. Ciò accade anche per la bambina che fantasmatizza un’azione d’amore incestuoso con il padre. (B.Aucouturier,2013, p.98)
§  L’inibizione inconscia dell’azione→ L’inibizione inconscia dell’azione fantasmatizzata di distruggere il genitore del sesso opposto, favorendo l’inibizione della pulsionalità motoria e il cambiamento statico- emozionale, rende l’azione del bambino più adattata al mondo esterno e permetterà al bambino di anticipare il piacere della trasformazione. (B.Aucouturier,2013, p.99)
§  Periodo edipico e attività operatoria→ L’ultima affermazione ci porta a chiarire i legami esistenti tra conflitto edipico, angoscia di castrazione, pensiero magico e decontrazione, come fattore indispensabile per i futuri investimenti culturali. Per comprendere le relazioni tra pensiero magico, angoscia di castrazione e problematica edipica, bisogna tener conto che il bambino di tre- quattro anni non percepisce lo spazio, il tempo , gli oggetti e non pensa all’adulto come un adulto. Per il bambino,l’oggetto si comporta come farebbe lui, cioè la volontà di potenza proiettata sul mondo lo porta a pensare che gli oggetti siano animati. Il bambino è ancora sommerso dalla soggettività fantasmatica ed emozionale e perciò non riesce ad uscire dal suo punto di vista, dunque attribuisce il suo modo di pensare indifferenziato ad oggetti e in particolare alle persone che ama e che fanno parte del suo ambiente. (B.Aucouturier,2013, pp.99-100)
§  Giochi e castrazione → L’angoscia latente della castrazione, se è ben accettata dal bambino, induce processi di rassicurazione molto diversi da bambino a bambina. Quest’ultima preferisce giochi con la bambola, il bambino giochi d’aggressione, giochi che richiedono competenze fisiche. (B.Aucouturier,2013, pp.102-102)
§  Piano fantasmatico, registro simbolico e piano di realtà→ Il passaggio dal piano di realtà al piano fantasmatico è frequente nel bambino perché l’alternarsi di comportamenti, nel gioco e nello stato tonico- emozionale, gli permettono di vivere con pienezza delle identificazioni proiettive e delle emozioni vivissime, al fine di ritrovare con più piacere il registro simbolico del gioco a contatto con la realtà del mondo circostante. Pensiamo che possa trattarsi di un desiderio inconscio di perdersi nei fantasmi d’azione onnipotenti per ritrovare meglio la propria identità; questa alternanza, tra i tre- quattro anni e sei- sette anni, in alcuni bambini può non avvenire bloccandoli su un piano fantomatico che rende difficile il ritorno alla realtà. (B.Aucouturier,2013, p.104)
§  Il letto dei genitori→ Per completare il discorso sui fantasmi d’azione originati dalla genialità è necessario ricordare il desiderio che tutti i bambini manifestano di avere risposte sulle relazioni amorose dei genitori particolarmente quando condividono lo stesso letto. È fondamentale che i genitori esprimano, attraverso il loro atteggiamento, l’amore che provano l’uno per l’altro e che siano solidali nel dire ai loro bambini che questo grande letto è per i genitori e che il loro bambino ha il suo letto in cui potrà continuare a sognare il grande letto dei genitori.Inoltre, i fantasmi d’azione relativi al possesso di uno dei due genitori inducono i bambini a porsi domande sull’origine della nascita. Di fronte ai fantasmi della nascita è necessario che i genitori non lascino i figli nell’ambiguità. (B.Aucouturier,2013, pp.106-107)

§  Apparire- scomparire, avere- non avere→ I giochi in cui il bambino prende l’iniziativa sono giochi di rassicurazione collegati all’assenza della madre. Il bambino infatti si nasconde perché la madre lo trovi, per accettarsi di essere importante per lei e di avere il suo amore. È un gioco sottile basato sul piacere dell’attesa dell’essere trovato che si associa al possibile dispiacere di non essere trovato. È un gioco che crea una forte eccitazione sensoriale, emozionale e psichica, una giubilazione che si attenua molto rapidamente nel momento in cui il bambino viene trovato. Il gioco di apparire- scomparire è molto precoce, è sinonimo di avere, incorporare e di non avere, distruggere e perdere. Il gioco da, cioè, avvio all’angoscia di perdita della madre e di sé. In sala Psicomotoria i bambini dell’asilo-nido e materna giocano a nascondersi tra i cuscini o nelle case che hanno costruito affinché le educatrici li cerchino. (B.Aucouturier,2013, pp.108-110)

mercoledì 18 giugno 2014

fantasmi d’azione

Il neonato solo nella culla, in preda alla sofferenza causata dalla non soddisfazione dei bisogni, riproduce azioni di suzione simili, ma non identiche, a quelle che la madre gli ha permesso di vivere. Si potrebbe dire che si imiti. La riproduzione dell’azione è il perno sul quale si svilupperà tutta l’attività fantasmatica; infatti è proprio sulla base di questa riproduzione che il bambino si crea un desiderio d’azione, cioè una rappresentazione illusoria d’azione e di piacere che lo mette in relazione con l’oggetto e che, di conseguenza, acquieta momentaneamente i tormenti provocati dalla mancanza di risposta dell’oggetto stesso . Dunque, il fantasma d’azione è la rappresentazione inconscia di un’azione, è il desiderio e il piacere di ricreare l’oggetto e di agire su di lui. È il risultato delle interazioni corporee tra madre e bambino che daranno impulso alle spinte biologiche istintive del neonato. È manifestazione di una nuova organizzazione pulsionale che dimostra come l’attività psichica originaria dell’essere umano affondi le sue radici nel corpo in relazione, testimonia la prima attività creativa del bambino, una prima forma di pensiero separato dalla realtà.
I fantasmi d’azione, generati dalle trasformazioni dovute alle spinte biologiche, mantengono il loro carattere pulsionale e nei confronti dell’oggetto d’amore sono sadici, persecutori e onnipotenti; per questo debbono essere gradualmente contenuti dalla madre e a volte repressi in un ambiente affettivo costante, coerente e rassicurante. Se sono contenuti non possono esprimersi con la violenza che li caratterizza, al contrario si esprimono senza limiti tramite comportamenti eccessivamente pulsionali o tramite disturbi psicosomatici dovuti all’intensità delle angosce arcaiche. In terapia sarà necessario aiutare il bambino a riprodurre l’insieme dell’ esperienze corporee originarie vissute in una dinamica di “risonanze tonico-emozionali reciproche” affinché le sue esperienze corporee originarie diventino un punto fermo per la sua evoluzione. La finalità dei fantasmi d’azione del bambino è appropriarsi dell’oggetto o base ai propri desideri e al proprio piacere: desiderio di attaccarsi per avere sicurezza affettiva, desiderio di staccarsi per differenziarsi e conquistare identità e indipendenza. ( Bernard Aucouturier,2013, pp. da 56 a 59)