domenica 29 giugno 2014

i principi pedagogici di base della Pratica Psicomotoria educativa

Il primo principio riguarda il dibattito educativo e pedagogico che pone il problema di considerare o meno questa pratica come un modello. Secondo Aucouturier :
“Essere un modello” è spesso inteso come omologare, limitare, annullare le potenzialità delle persone sopprimendone la creatività e inducendo in loro passività.
Al contrario, non fornire modelli significherebbe lasciare ad ognuno la possibilità di svilupparsi, confidando sulla natura buona . I limiti affettivi ed educativi che abbiamo riscontrato in bambini in difficoltà, ci portano a pensare che la natura buona sia particolarmente ingannevole e troppo spesso diventi un alibi che ci impedisce di aiutare un bambino.
Aiutare significa soprattutto non reprimere, non manipolare e non soffocare sul nascere le potenzialità ma accettare il bambino come essere unico, emozionalmente diverso da tutti gli altri bambini.
Il lavoro educativo ha come compito la realizzazione delle condizioni indispensabili alla maturazione psicologica di ogni individuo all’interno di un gruppo e la creazione di particolari condizioni di base che permettano lo sviluppo armonioso di ogni bambino.
L’educatore perciò svolge un ruolo importante nello sviluppo del bambino; esso rappresenta un “catalizzatore” della maturazione psicologica, maturazione che innanzitutto va capita, per poter essere integrata nella pedagogia e nella metodologia di ogni educatore. ( B.Aucouturier , 2013, p.138)
Il secondo principio,invece, riguarda il fatto che per saper riconoscere l’originalità e per conquistare il mondo il bambino ha bisogno di esprimere la propria onnipotenza, cioè la pulsionalità motoria che affianca la dinamica dei fantasmi d’azione. Dunque l’azione educativa consiste nell’aiutare il bambino a far evolvere questa sua pulsionalità attraverso il controllo sempre più fine di questa. Ne consegue che il bambino attua comportamenti e atteggiamenti verso se stesso e gli altri che si rifanno ad una grande attenzione verso il mondo e addirittura al piacere di essere responsabili delle proprie azioni.
La pulsionalità motoria evolve verso il moto pulsionale , cioè quel movimento tonico-affettivo interno che permette al bambino di evocare, senza realmente agire, sensazioni di azioni e il piacere a loro collegato. Il moto pulsionale dà origine quindi al processo che prepara all’azione e al desiderio dell’intenzione di agire e della capacità di trattenere, di memorizzare.
Si tratta di una evoluzione lenta che di solito arriva fino ai sei- sette anni; purtroppo gli educatori di frequente cercano di accelerarla oppure addirittura la ignorano perché non ne conoscono il valore come sorgente vitale, motore del piacere di agire e trasformare il mondo, del piacere di essere se stessi e di acquisire conoscenza.
Infine, il terzo principio pedagogico delinea le finalità educative per cui un progetto educativo possa considerarsi coerente :
Favorire lo sviluppo armonioso del bambino significa innanzitutto dargli la possibilità di esistere come soggetto unico e di esprimere un suo discorso particolare e specifico collegato agli avvenimenti della sua storia personale, ma significa anche dargli la possibilità di inserirsi in un discorso più generale di maturazione psicologica, indispensabile allo sviluppo del piacere di comunicare, creare e pensare . Quest’ultime sono tre finalità educative che difendiamo tenacemente e che rispondono ad un progetto educativo coerente in cui si inserisce la Pratica Psicomotoria educativa e preventiva. (B.Aucouturier, 2013,p.140)
 Secondo Aucouturier, la comunicazione è una necessità assoluta,che ha le sue radici nella qualità delle interazioni e nel piacere delle trasformazioni reciproche. Comunicare col bambino fin dai primi momenti di vita ha un’importanza pari a quella del nutrimento.
Un bambino che comunica è un bambino che ha visto riconosciute e rispettate fin dalla nascita le componenti non verbali della comunicazione. La madre ha dato senso ai significati non verbali del suo bambino,inserendolo in un ambiente di risposte non verbali che garantisce il piacere della comunicazione.
Le componenti non verbali vanno rispettate perché sono il modo privilegiato di comunicazione che utilizza il bambino piccolo. La comunicazione non verbale, economica, rapida e sempre carica di affetto, è basilare per una comunicazione verbale ben costruita. Dunque è fondamentale che l’educatore percepisca il senso dei messaggi non verbali del bambino e che risponda nel migliore dei modi, sia attraverso la qualità dei suoi gesti e delle sue emozioni, sia tramite il linguaggio verbale.
Il bambino cerca sempre la comunicazione perché desidera dirsi agli altri al fine di essere riconosciuto come persona unica e autentica. La comunicazione è il preludio alla decontrazione tonico-emozionale, elemento indispensabile per la formazione del pensiero operatorio. La comunicazione è prerequisito fondamentale di ogni azione educativa. (B.Aucouturier, 2013,pp. 140-143)
Per quanto riguarda il piacere di creare Aucouturier mette in evidenza come durante un’attività creativa il bambino sia distante, serio, assorto; arrivando ad affermare come la creazione sia solitudine e regressione a causa del collegamento tra creazione e ricerca dell’oggetto dell’amore.
La creazione da al bambino un senso di onnipotenza simile a quella del neonato convinto di essere il creatore del “seno” che soddisfa il suo piacere. La creazione quindi dà potere al bambino, potere che potrà in seguito offrire agli altri. Lo sguardo sulla propria produzione può essere considerato già come presa di distanza nei confronti della creazione e, più in generale, nei confronti di se stesso.
Per questo consideriamo la creazione come uno dei fattori che favorisce la decontrazione tonico-emozionale. Creare è un processo catartico o addirittura terapeutico quando il bambino trova la possibilità di porre in relazione i suoi fantasmi d’azione, l’esperienza affettiva trascorsa e il sé esistenziale.
Il giocare, che è atto creativo, dà forma ai contenuti inconsci, cioè ai fantasmi d’azione; il gioco è il piacere di mettere in scena rappresentazioni inconsce. Dunque, l’educatore è colui che saprà rendere dinamico il piacere di creare giocando a sua volta con i materiali culturali che utilizza nella sua pedagogia per favorire la crescita psicologica dei bambini. (B.Aucouturier, 2013, pp. 143-145)
Infine l’ultima finalità educativa riguarda il piacere di pensare. Aucouturier ritiene che quest’ultimo tragga origine dalla creazione del fantasma di azione, ritenendolo inseparabile da un oggetto di riferimento sul quale il bambino intende agire, nasce cioè da un’azione illusoria che lega il bambino alla madre e che si forma a partire dall’attività di rappresentazione.
Il piacere di pensare richiede allora di prendere in considerazione tutti i giochi di trasformazione che permettono al bambino di passare da formazioni psichiche inconsce alla loro traduzione cosciente. Il piacere di pensare richiede che il bambino sia lasciato libero di esprimere i suoi fantasmi d’azione attraverso il piacere di agire. Solo così potrà esprimere tutta la sua potenza nel trasformare il mondo e quindi liberarsi dagli oggetti cattivi interni ed esterni che possono invaderlo: prendere, gettar via, riunire, separare, selezionare, associare significa già «pensare un’azione».

La decentrazione sarà il risultato di una maturazione affettiva e psicologica che permette al bambino di scoprire che il piacere di pensare un proprio pensiero è anche piacere di esistere. (B.Aucouturier, 2013, pp. 145-146)

giovedì 26 giugno 2014

la psicomotricità ha o no una valenza scientifica?è giusto considerarla terapeutica?

Dicendo «riflessione teorica» non intendiamo affatto qualcosa di disgiunto dall’operatività pratica. (…) Teorizzazione e indagine pratica sono le due facce della stessa medaglia, senza rapporto gerarchico fra loro. Ciò è ancora più vero per la psicomotricità. È stata proprio la costruzione di metodi e linguaggi osservativi condivisi e vagliati, la generalizzazione a partire da esperienze e osservazioni concrete, il controllo sul campo di tali generalizzazioni nonché gli apporti e le conoscenze con altre branche scientifiche che hanno permesso alla psicomotricità di disporre di un corpus teorico ben identificabile, seppur in evoluzione, di un linguaggio proprio e traducibile in quello di altre discipline e di una metodologia di intervento condivisa.
L’ANUPI ( Associazione Nazionale Unitaria Psicomotricisti e Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Étà Evolutiva Italiana), pur con i limitati mezzi a disposizione, in più di vent’anni di attività ha operato in modo coerente in questa direzione, definendo le modalità per la presa in carico, proponendo continue riflessioni sul processo terapeutico o educativo, sui criteri di osservazione e di valutazione, e ponendo dei limiti precisi rispetto agli ambiti di intervento dei propri associati”(E.Berti e F.Comunello, anno 2011, pp.24-25).
Nel corso degli anni è sorta, da parte di altre discipline, una domanda che pone l’accento sul fatto che la psicomotricità abbia o meno una evidenza scientifica. “La spinta a tentare questa indagine è venuta anche da un suggerimento di Giovanni Chiavazza, psicologo e psicoterapeuta, collaboratore assiduo e attento dell’ANUPI. (…)  Gli spunti di riflessione offerti da Chiavazza sembrano indirizzare verso un tema che potremmo definire la ricerca delle costanti nella diversità e variabilità nelle costanti delle interazioni. Ciò significa che è specifico della psicomotricità considerare i particolari dell’espressività, che si manifestano con scarsa o nulla consapevolezza, quali elementi caratterizzanti le interazioni, e oggetto proprio della ricerca e della progettazione terapeutica o educativa che sia.(…) Il che rinvia ovviamente alla percezione,all’osservazione, alla capacità di cogliere gli elementi che caratterizzano le azioni che si ripetono, al confronto e controllo intersoggettivi”.(, E.Berti e F.Comunello, 2011,  pp.27-28)
Di conseguenza ne deriva la domanda che si interroga se sia vero o meno che la psicomotricità possegga un fattore terapeutico o protettivo. “L’espressione «fattore terapeutico» comporta che si deve cercare e dimostrare la presenza di un elemento specifico che cura e, in ambito educativo, che protegge, cioè che abbia la funzione preventiva di vaccino. Ne consegue che, implicitamente elemento essenziale per dimostrare la scientificità della psicomotricità è l’individuazione di una catena causale precisa. Inoltre, la domanda sottende, implicita e probabilmente inconsapevole, una concezione della disabilità come una malattia che si può guarire o ridurre. Così posta la domanda non è rispondibile, perché la disabilità non è una malattia bensì una condizione esistenziale, che tanto o poco, può essere fatta evolvere  tramite la presenza o la modifica dei contesti. Se mai esistono fattori terapeutici o protettivi, essi sono plurali, non identificabili con matematiche indagini a priori, dipendenti dai contesti e modificabili secondo l’evolversi della situazione.
D’altra parte l’ICF ( Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute ), cui certo non si può negare di essere il risultato di un lungo e complesso lavoro scientifico, trascende i diversi ambiti disciplinari e non si pone certo il problema del «principio attivo». Ancora più importante «non è più una classificazione delle “conseguenze delle malattie” (…) ma è diventata una classificazione delle componenti della salute»  (OMS,2011,p.11), ponendo l’accento sul funzionamento e sugli elementi contestuali. Esso infatti è suddiviso in due parti: «Funzionamento e Disabilità» da un lato e  «Fattori Contestuali» dall’altro; la prima a sua volta è suddivisa in due sezioni: «Funzioni e Strutture corporee» e «Attività e Partecipazione». È interessante rilevare che il termine corpo «si riferisce all’organismo umano nella sua interezza, e quindi include il cervello e le sue funzioni, ovvero la mente. Le funzioni mentali (o psicologiche) sono perciò classificate nelle funzioni corporee» (OMS,2001,p.25). Tale concezione onnicomprensiva del corpo, pur rispettando gli ambiti specifici delle diverse discipline, trascende tutte le opposizioni e le separazioni nette e riafferma l’unità dell’essere umano proprio in quanto corpo. Essa richiama l’originaria concezione della psicomotricità che intendeva sottolineare l’inscindibile interconnessione fra processi e manifestazioni motori e senso motori da un lato e processi e manifestazioni affettivi, emotivi e cognitivi dall’altro”. ( E.Berti e F.Comunello, 2011, pp .32-33)
In sintesi, nell’ultima classificazione dell’OMS non si fa più riferimento a situazioni di deficit, ma a termini che analizzano la salute dell’individuo in chiave positiva; ovvero, mettendo in relazione la salute e l’ambiente, andando a considerare tutte le situazioni sfavorevoli di quest’ultimo che potrebbero causare disabilità. L’individuo e il suo corpo vengono considerati non come due cose distinte dove il corpo presenta malattie o disabilità, ma vengono considerati nella loro globalità e unicità; l’attenzione non viene più posta sui limiti ma sulle potenzialità che l’individuo riesce ad esprimere in un ambiente favorevole. Tale considerazione sta alla base  della psicomotricità, la quale si pone in un ambiente sicuro e protetto come esperienza favorevole al fine di esprime l’unicità dell’essere in quanto tale.
Per queste ragioni la psicomotricità fu vista dai pedagogisti come un nuovo metodo per osservare e interagire con i bambini, divenendo così alla fine degli anni Settanta del Novecento una risposta alternativa alla “didattica speciale”, trovando una sua collocazione originale nella scuola dell’obbligo.

La terapia psicomotoria per l’approccio globale alla personalità si propone come la modalità più adeguata nella cura delle patologie dell’età evolutiva. In particolare è efficace con bambini delle fasce di età tra 0 e 7-8 anni, periodo in cui c’è il primato della comunicazione non verbale su quella verbale, dei nuclei psicoaffettivi su quelli cognitivi, del corpo sulla mente. Adatta , in modo particolare, per bambini portatori di handicap psicofisici fin dalla nascita; infatti le limitazioni fisiche incidono negativamente sulla strutturazione dell’immagine di sé, sull’autostima e in definitiva sulla personalità stessa del bambino condizionando il processo maturativo. Al di là delle varie correnti di pensiero e dei vari metodi di riabilitazione psicomotoria ,appare opportuno fare propria l’idea di fondo che tutti trasmettono e condividono: l’importanza della integrazione mente-corpo per garantire all’individuo, bambino o adulto che sia, un equilibrio psicofisico ed una migliore qualità di vita.

la psicomotricità nel contesto italiano, norme e strutturazione

 “La cultura della psicomotricità si è diffusa in Italia nei primi anni Settanta del secolo scorso in un clima sociale e culturale che favoriva sia la critica che la sperimentazione di nuovi modelli sociali,scientifici, educativi e terapeutici. Sin dall’inizio, ha posto come assi portanti del proprio agire e del proprio pensiero: la centralità del corpo quale produttore e organizzatore di senso; l’azione quale manifestazione primaria della soggettività e della costruzione della realtà; l’interazione,al contempo dato fondante e strumento di ogni processo evolutivo, cognitivo e affettivo”.(…) “ Sempre più chiaramente, la cultura della psicomotricità, propone il ruolo centrale della relazione, dell’intersoggettività,la logica della complessità e quindi la non predeterminazione degli esiti, la co-costruzione del senso e dei percorsi” ( E.Berti e F.Comunello, 2011, pp.23-24) .

Grazie, appunto,  alla logica della co-costruzione che la psicomotricità ha aperto i suoi orizzonti,  arricchendo i suoi studi  con quelli di altri settori quali : la psicologia dell’età evolutiva, le neuroscienze, la sociologia  e la filosofia della scienza. 
L’ANUPI ( Associazione Nazionale Unitaria Psicomotricisti e Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Étà Evolutiva Italiana), pur con i limitati mezzi a disposizione, in più di vent’anni di attività ha operato in modo coerente in questa direzione, definendo le modalità per la presa in carico, proponendo continue riflessioni sul processo terapeutico o educativo, sui criteri di osservazione e di valutazione, e ponendo dei limiti precisi rispetto agli ambiti di intervento dei propri associati”(E.Berti e F.Comunello, anno 2011, pp.24-25).

evoluzione dell'espressività motoria

L’osservazione dell’espressività motoria può avvenire in ogni momento e in ogni luogo in cui il bambino gioca: dall’asilo- nido alla scuola materna o in casa. La Pratica Psicomotoria di Aucouturier, dove il bambino può trovare la continuità delle condizioni materiali e relazionali indispensabili a liberare il piacere della sua espressività motoria.
Il bambino vive l’originalità della sua espressività motoria che manifesta attraverso il piacere delle relazioni non verbali con il mondo esterno e con se stesso. Lo schema proposto faciliterà un’osservazione in itinere dell’espressività motoria, indispensabile all’analisi progressiva del comportamento:
        ·            Espressività motoria nelle relazioni con le persone; il bambino è sollecitato da altri quando riceve cure, per comunicare,giocare o collaborare, o quando deve rispettare delle consegne? Il bambino sollecita gli altri quando desidera essere protetto,rassicurato,curato,quando desidera ottenere un oggetto o quando desidera interagire per comunicare,giocare o collaborare? Le modalità attraverso cui sollecita gli altri riguardano la seduzione, imitazione, anticipazione, provocazione, invito o aggressione ,quali sono le trasformazioni tonico posturali, i mezzi che utilizza e in che modo rompe le interazioni?l’attenzione verso gli altri come la dimostra, se riceve,accoglie,prevede, anticipa, partecipa, se è sensibile alle emozioni degli altri e se prova un “sentimento di sollecitudine”.
        ·            Espressività motoria nelle relazioni con lo spazio; durante la conquista della verticalità  si osservano le sequenze posturali e motorie che il bambino utilizza per conquistare la posizione eretta,la solidità degli appoggi, la sicurezza degli spostamenti, i riadattamenti tonici e posturali durante i momenti di disequilibrio. Durante gli spostamenti si osservano i percorsi privilegiati,il movimento nello spazio (es. camminare,correre ecc..) e la fluidità corporea nello spazio (es. adattamento tonico,ritmico ed emozionale,ampiezza dei gesti ecc..) L’attenzione allo spazio dove si osserva l’anticipazione di fronte alle difficoltà che presenta lo spazio, la valutazione cognitiva dello spazio( direzioni, distanze, velocità), l’attenzione allo spazio degli altri e la difesa del proprio spazio,cioè i luoghi privilegiati. Le rappresentazioni dello spazio ovvero gli assemblaggi, le costruzioni.
        ·            Espressività motoria nelle relazioni con gli oggetti; Oggetti utilizzati dal bambino cioè che caratteristica ha,la frequenza dell’utilizzo,da dove proviene,la caratteristica comune tra i diversi oggetti utilizzati,l’evoluzione degli oggetti. Come sono utilizzati gli oggetti cioè l’attenzione verso l’oggetto. Le caratteristiche dell’utilizzo dell’oggetto ovvero senso motorio ed esplorativo, simbolica, cognitiva ( mette insieme, fa paragoni),i modi di utilizzo dell’oggetto, la qualità dell’utilizzo dell’oggetto (adattamento al movimento,alla velocità,al ritmo), il modo di agire sull’oggetto (tenerlo,custodirlo, proteggerlo,gettarlo via). Le trasformazioni operate sull’oggetto quindi l’alternanza di costruzione- decostruzione e cosa ne fa della costruzione conservata. Il bambino e la costruzione  cioè si osserva il modo in cui costruisce,la varietà degli oggetti utilizzati,se costruisce da solo o con i compagni, se ha un progetto di costruzione, se ha un accordo di progetto con un altro pari, se compie una sequenza logica di azioni per realizzare il progetto,l’alternarsi delle azioni e infine cosa se ne fa della costruzione.
        ·            Espressività motoria nella relazione con la durata; ovvero quanto fa durare le interazioni, i giochi e la continuità del gioco,nella comunicazione,nella collaborazione con gli altri.
        ·            Espressività motoria nella relazione con se stesso; L’attenzione a sé , quindi la capacità del bambino piccolo di occuparsi di sé, di aver cura di sé, interesse per l’immagine del corpo alla specchio, piacere del movimento, vivere le trasformazioni tonico emozionali, agire per scoprire,sperimentare, creare, controllare. I giochi di rassicurazione quindi vedere se si tratta di rassicurazione profonda , superficiale o giochi di identificazione con l’aggressore e l’aggredito. La rappresentazione di sé quindi le prime rappresentazioni come il sorriso, sguardo, voce, mimica, postura, gesto, attività ritmica e le tracce grafiche, il disegno di sé, le costruzioni. Infine , La decontrazione tonico emozionale riguarda l’osservazione della capacità di analisi della realtà spaziale, temporale, emozionale,l’ interesse per l’attività operatoria e logica e l’intelligenza pratica come risolvere e porre problemi pratici. (B.Aucouturier,2013, pp.129-134)


espressività mototria

La base del lavoro dello psicomotricista è riassumibile nel concetto di espressività motoria. Quest’ultima viene definita da Aucouturier come : il modo attraverso il quale il bambino può manifestare il piacere di essere se stesso, di diventare autonomo e di esprimere il piacere di scoprire e conoscere il mondo che lo circonda.
Il piacere di essere se stesso genera un sentimento di libertà che permette al bambino di raggiungere la realizzazione di sé, di essere felice nei rapporti con gli altri, perché la felicità e la libertà sono nella condivisione. L’affetto di piacere e la sua dimensione pulsionale sono indissociabili dall’espressività motoria anche se è necessario considerare che nel bambino esistono due modalità di espressione del piacere che incontriamo di frequente nella pratica:
1)      Il piacere della ripetizione delle azioni ; è un processo che rassicura il bambino e crea in lui il desiderio di conoscere e di anticipare azioni senza angoscia, stimola la capacità di adattamento ritmico e tonico emozionale nei confronti del mondo esterno, sviluppa quella capacità di attenzione indispensabile a memorizzare le azioni e lo sviluppo dell’intelligenza pratica.
2)      Il piacere di stupirsi; è la rottura dell’autonomia provocata dalla sorpresa di un avvenimento esterno, più o meno atteso, crea a livello emozionale un forte stupore che altro non è se non una scarica di affetti di piacere dovuta alla rapida trasformazione dell’attività tonica. (B.Aucouturier,2013, pp.126-127)
Una delle abilità dello psicomotricista è creare le condizioni necessarie affinché si realizzi l’espressività motoria al fine di liberare il bambino dai fantasmi d’azione. Ciò è possibile in un clima di sicurezza affettiva in cui il bambino possa vivere il piacere di agire e di trasformarsi a livello tonico emozionale. È, perciò, importante prestare attenzione ai cambiamenti dell’espressività motoria in rapporto alla sicurezza affettiva che l’adulto offre al bambino.
L’evoluzione dell’espressività motoria avviene in maniera graduale ed è generata dallo sviluppo delle capacità di simbolizzazione, dell’identità e del linguaggio. Ogni bambino elabora uno stile tutto originale di espressività motoria che fa pensare alla qualità delle relazioni tonico-affettive delle prime relazioni non verbali.
Per Aucouturier la sala della pratica psicomotoria, con i suoi luoghi pensati e predisposti e con il suo materiale, rappresenta uno spazio simbolico di sostegno e sicurezza che rappresenta il corpo della madre. Infatti nella sala psicomotoria il bambino, attraverso i materiali, è libero di rotolare, girare intorno, camminare, pestare i piedi per terra, equilibrarsi, cadere, saltare, afferrare, toccare, gridare, ridere, dondolarsi, rannicchiarsi, distruggere, costruire, nascondersi, scoprirsi, quindi attività simboliche di piacere che permetto al bambino di rievocare l’oggetto madre e di appropriarsene simbolicamente per dominarlo. La sala rappresenta, cioè, uno spazio transazionale, il quale ha la funzione di preservare e sviluppare le capacità fantasmatiche d’azione.
Quando il bambino non riesce a risolvere il conflitto tra odio e amore nei confronti dell’oggetto, restano vivi nel suo inconscio desideri di distruzione e angoscia di perdita, i cui sintomi sono l’ipermotricità e la passività motoria collegate ad un forte dispiacere. L’espressività motoria ha in questa situazione il senso di un profondo malessere. I disturbi dell’espressività motoria sono visibili nelle manifestazioni psicomotorie: l’ipermotricità e la passività motoria infatti sono sintomi della sofferenza psichica causata da un deficit nell’integrazione somatopistica al suo livello più arcaico. Il bambino cerca infatti di rassicurarsi tramite l’agitazione motoria, ma è una ricerca di rassicurazione che non può nulla contro l’angoscia perché è in realtà una pseudo- rassicurazione in relazione all’assenza dolorosa dell’oggetto. Alcuni bambini in condizioni di sofferenza psichica, si abbandonano alla loro angoscia e non cercano questa pseudo rassicurazione attraverso l’agitazione motoria ma si lasciano andare alla passività motoria, ad una depressione latente e all’ipotonia. L’insicurezza interiore provocata dagli engrammi di inibizione e dagli affetti di dispiacere bloccano il piacere di essere se stessi e di andare alla scoperta del mondo.

Sono da considerare disturbi dell’espressività motoria anche le manifestazioni ripetitive dovute alla fissità delle immagini ossessive collegabili all’allattamento, all’aggressione, all’espulsione e alla regressione. Le ripetizioni sono sempre accompagnate da fissità emozionali che esprimono sofferenza psichica e malessere interiore. Per i bambini che presentano quest’ultimo problema, l’Aiuto Psicomotorio avrà l’obbiettivo di sbloccare queste fissità per mezzo dei giochi di rassicurazione profonda, modificando cosi le loro immagini ossessive. Le risonanze tonico emozionali condivise tra bambino e terapeuta permetteranno lo sblocco.

evoluzione dei fantasmi d'azione

Dopo aver definito il concetto di fantasma d’azione Aucouturier parla della sua evoluzione e delle azioni simboliche inerenti ad ogni fantasma. All’inizio vi sono i fantasmi d’azione collegabili alle interazioni che avvengono durante l’allattamento e sono : penetrare, fondersi, incorporare, distruggere, aggredire. Le azioni compiute in perfetta armonia tra la diade madre-figlio danno origine a fantasmi di penetrazione orale, di fusione, fantasmi che esistono se i desideri del bambino corrispondono con quelli della madre. Al contrario, le azioni sadiche danno origine a fantasmi quali: incorporazione, divorazione e distruzione dell’oggetto. I fantasmi d‘azione e le azioni simboliche inerenti riguardano:
§   “un aggressione d’amore”→ Quando un bambino aggredisce la madre per incorporarla, divorarla e assimilarla, desidera appropriarsi di ciò che ama. Amare è infatti mangiare, distruggere, annientare l’oggetto in sé. Mangiare è far scomparire e ciò può generare senso di colpa perché il bambino non può sopportare le conseguenze della sua distruzione, poiché la perdita d’amore è anche perdita di sé. Il senso di colpa rischia di intensificarsi a causa delle reazioni della madre che riceve questa aggressione d’amore. Infatti, può capitare che la madre reagisca bruscamente al morso o graffio spostandosi rapidamente all’indietro per allontanarsi da lui. Questa rottura crea una separazione ma in una modalità di tensione. Così il bambino rischia di vivere un dramma d’amore, arrivando a censurare i fantasmi di divo razione e desideri di distruzione attraverso un contenimento tonico. Può succedere, di conseguenza, che all’asilo nido alcuni bambini mordano crudelmente. L a violenza orale incontrollata e prolungata non è altro che l’espressione motoria della pulsionalità distruttiva e divoratrice d’amore da cui il bambino, a causa di una mancanza di un processo di simbolizzazione, non è abbastanza protetto, oppure troppo colpevolizzato.( B.Aucouturier,2013, pp.64-66)
§  Una madre “sufficiente buona”→È quella che instaura un clima di rassicurazione affettiva anche di fronte all’aggressione d’amore. In un primo tempo accetta la pulsionalità dei fantasmi di distruzione e nne prende le distanze, perché acquisisce la capacità di anticipare l’aggressione. In un secondo tempo rassicura il bambino in un clima di gioco in cui tono, posture, gesti, voce, sorriso, sguardo e parole, sdrammatizzano e tranquillizzano. La de colpevolizzazione dei fantasmi di distruzione favorisce l’apertura alla simbolizzazione. L’atteggiamento coerente della madre aiuterà il bambino a far sì che il piacere di questo “amore divorante” evolva verso altre forme d’amore che permetteranno al bambino l’accesso al piacere di comunicare. Concretamente, la distruzione delle pile di cuscini nella sala di Pratica Psicomotoria, a cui partecipa lo psicomotricista e nella quale il bambino vince sempre sull’adulto, apre il bambino a un grande piacere,c he provoca in lui un’evoluzione enorme. Se desideriamo che il bambino cresca è importante che egli possa superare le sofferenze associate alle pulsioni di distruzione dell’“oggetto d’amore”. (B.Aucouturier,2013, pp. 66-68)
§  Giocare a distruggere per essere se stessi→ Verso il primo anno la madre costruisce una torre di cubi di fronte al bambino e, una volta che la costruzione è completata, la distrugge. La madre che accetta la distruzione della torre da lei costruita, permette al bambino di vivere il piacere della pulsionalità distruttiva. Si tratta dell’espressione del fantasma di dominio sadico che manifesta l’onnipotenza esercitata dal bambino sulla madre attraverso lo spazio transazionale della torre. (B.Aucouturier,2013, p 69)
§  Il lupo:metafora dei fantasmi collegati all’oralità→ Il gioco del lupo esprime l’intensità fantasmatica ed emozionale che può vivere un bambino durante la fase orale. Con bambino dell’asilo-nido o della scuola materna, «una bestia che fa paura» può essere simbolizzata con un gesto, posizione quadrupedica o un grido. L’emozione è fortissima quando il lupo si avvicina alla casa: alcuni bambini urlano,altri chiudono gli occhi,altri giocano a provocarlo, a imitarlo. Basta dimostrare che il lupo non è cos’ pericoloso per attenuare l’angoscia dei bambini e la loro paura di essere divorati dall’aggressore. L’identificazione con l’oggetto esterno che aggredisce sdrammatizza la situazione e rassicura il bambino. La paura di un lupo che si nasconde dietro ad una porta deve essere presa sul serio se si vuole aiutare a risolverla in un clima di sicurezza. Il bambino, preso dall’angoscia di perdita del suo amore divorante, può essere aiutato a simbolizzare le emozioni che lo invadono attraverso il disegno e le parole. Inoltre, è interessante raccontare ai bambini la favola del lupo e i tre porcellini perché è una favola universale che ha il potere di evocare l’angoscia della perdita e i fantasmi legati all’oralità. In realtà i tre porcellini simboleggiano le tappe della costruzione dell’Io, dell’edificio psichico. Alla fine i tre porcellini trionfano sull’aggressore: hanno vinto la paura e, in ciò consiste il senso metaforico. (B.Aucouturier,2013, pp. 69-72)
§  Il piacere di aver paura→ Giocare alla paura crea un piacere tale da dare al bambino l’impressione di aver compiuto una prodezza, perché dominare la propria paura valorizza a livello narcisistico, è dominare la paura di essere divorati. (B.Aucouturier,2013, p 72)
§  Riunire e separare→ I giochi di incastro essendo a livello simbolico fantasmi di penetrazione e incorporazione o di rigetto ed aggressione, sono giochi di rassicurazione relatici all’angoscia di perdita dell’oggetto madre e della perdita di sé. Sulla stessa linea teorica, pensiamo che anche il modo tonico-emozionale di stare nello spazio per mezzo della voce, delle grida, delle risate, dei ritmi del movimento e della postura, del modo di camminare e correre di ogni bambino, rappresentino una simbologia dei fantasmi di penetrazione, del desiderio inconscio di penetrare il corpo della madre. Attraverso il modo in cui occupa lo spazio, il bambino manifesta il suo potere dei genitori su di lui e vive il piacere di agire. (B.Aucouturier,2013, pp 73-74)
§  L’ecoprassia→ Questo gioco consiste nel: la madre alimenta il bambino con il cucchiaio,quando il bambino apre la bocca la apre anche lei,poi il bambino prende il cucchiaio vuoto e dà da mangiare alla mamma. Questo gioco è ben più di una attività imitativa, è anche un gioco di comunicazione e di apertura alla dimensione simbolica orale. È un gioco che deriva da una triplice esperienza: collegare i fantasmi di interpretazione orale ad un piacere narcisistico di agire sull’altro e imparare a conoscere il registro simbolico in una relazione. Il gioco ecoprassico segue i giochi ecoliaci vissuti da madre e bimbo come risultato delle interazioni durante le quali l’uno e l’altra si sono reciprocamente trasformati. (B.Aucouturier,2013,p 75)
Aucouturier afferma, poi, come molto prima dei sei mesi di vita, l’unione mano-bocca permette al bambino l’esplorazione della parte interna della bocca. L’esperienza della mano gradualmente si evolve coordinandosi a quella dell’occhio. È in questo momento che Aucouturier descrive i fantasmi d’azioni e azioni simboliche collegabili alla prensione. ,che riguardano :
§  Il fantasma dell’afferrare→ Il desiderio di afferrare evidnzia una continuità tra fantasma dell’afferrare e i fantasmi d’allattamento. Il fantasma dell’afferrare infatti è il risultato del desiderio del bambino di ritrovare il contatto con la madre, di toccarla, di prenderla in sé e di essere con lei: il bambino tocca e prende per ritrovare la madre che è in lui. Le mani del bambino crescono esplorando lo spazio con la stessa facilità, attenzione e precisazione delle mani della madre quando si occupava di lui. Gli oggetti, che la madre gli porge e che il bambino afferra, assumono un valore eccezionale, perché, investiti dell’affetto di piacere della madre; diventano oggetti transazionali . Il bambino, perciò, tocca tutto per il piacere di esplorare e di conoscere ma soprattutto per avere un ascendente sulla madre. L’espressione «non toccare!» è necessaria per proteggere il bambino, ma la proibizione ripetuta,a causa di un eccessivo controllo da parte della madre, ottiene come risultato la colpevolizzazione del bambino sul piacere di afferrare limitando le sue capacità manuali e creative. (B.Aucouturier,2013,pp. 76-77)
§  Precisazioni sul concetto di oggetto transizionale→ L’oggetto transazionale è un oggetto a cui il bambino si attacca particolarmente. Quando il bambino non ritrova questo oggetto elettivo sembra perduto, inconsolabile. Questo oggetto gioca tre ruoli: rassicura il bambino perché rende presente la madre in sua assenza nel periodo in cui non possiede ancora la sicurezza della rappresentazione dell’oggetto, prepara alla funzione simbolica ed  è una vittima perché è amato e aggredito; cioè diventa luogo di espressione pulsionale dei fantasmi di incorporazione e di distruzione.
Una volta che il bambino acquisisce la posizione eretta, entrano in gioco, per Aucouturier, i fantasmi d’azioni collegabili alla motricità. Il fantasma di elevazione è una conseguenza del fatto che il bambino è stato spostato diverse volte, dalla posizione orizzontale a quella verticale per essere portato all’altezza del viso della madre. Gli enigrammi d’azione derivati da questi spostamenti danno vita a fantasmi d’azione come spiccare il volo, elevarsi, volare, atterrare, cadere, volteggiare, oscillare. Quest’ultimi alimentano il desiderio di raddrizzarsi, diventare grandi, salire, scendere, saltare in basso, ma anche il desiderio di cadere. In sintesi,Aucouturier evidenzia:
§  il piacere di stare in piedi→l’estensione in senso verticale,incoraggiata dalla madre, procura grande piacere al bambino che gode della rigidità tonica necessaria a far fronte alla pesantezza. Teso come un unico blocco in posizione eretta, il bambino prova un sentimento di unità, di onnipotenza e indipendenza. (B.Aucouturier,2013, p 81)
§  il piacere di cadere→ La caduta è la capacità nuova di abbandonarsi alla pesantezza come compenso agli sforzi compiuti per conquistare la posizione eretta con l’incoraggiamento dei genitori. È un modo per dimostrare loro che è sicuro di sé, di poter cadere al suolo e rialzarsi senza il loro aiuto. È un piacere di per sé e un’affermazione di sé nei confronti dei genitori. É la prova di una separazione ben accettata. Durante le pratiche psicomotorie educativa, al nido e alla scuola materna, abbiamo osservato il piacere intenso che i bambini provano quando giocano a cadere, il piacere cioè di trasformare con violenza il proprio corpo. Eppure alcuni bambini sono presi dal panico quando sono in disequilibrio e vengono trascinati in una caduta. Sono bambini con una certa fragilità nella costruzione della rappresentazione di sé. (B.Aucouturier,2013, pp. 86-87)
§  il piacere di correre → Il bambino corre per il piacere di muoversi nello spazio,scoprendo la velocità e l’autonomia dei movimenti delle gambe e delle braccia in rapporto al tronco. La liberazione della motricità porta con sé la liberazione delle emozioni, soprattutto se i genitori partecipano alle sue prodezze incoraggiandolo. Il piacere di correre libera il corpo permettendo al bambino di allontanarsi dai suoi familiari. (B.Aucouturier,2013, p 88)
§  il piacere di dondolarsi→ È l’espressione del fantasma d’azione dell’oscillare, derivato da engrammi d’azione provocati dall’andatura ondeggiante della madre durante la gravidanza e i dondolii di ritmi ed ampiezze diverse che i genitori hanno utilizzato per calmarlo o addormentarlo. (B.Aucouturier,2013, p 88)
§  il piacere del salto in profondità→ Il gioco del cadere evolve verso il gioco del salto in profondità che fa perdere gli appoggi e i riferimenti spaziali. Il salto in profondità è l’espressione del fantasma d’azione di volare. (B.Aucouturier,2013, pp 88-89)
§  il piacere di girare intorno→ È l’espressione del fantasma d’azione di  volteggiare e dà luogo a tutte le attività di rotazione che i bambini ripetono e che gli adulti ritrovano più tardi nella danza, nelle attività acrobatiche al suolo ecc..Questi fantasmi si riferiscono a engrammi generati nel periodo prenatale,quando il feto è mobilizzato dai movimenti della madre poi si muove e si gira in assenza di peso dell’utero. (B.Aucouturier,2013, p.89)
§  i giochi di piacere sensomotorio → Perdere l’equilibrio, cercare l’equilibrio, cadere, saltare, girare e dondolare sono giochi che sollecitano intensamente il sistema labirintico e stimolano particolarmente la muscolatura deputata all’equilibrio. Il piacere di trasformare questa muscolatura, associato al piacere di trasformare numerose funzioni sensoriali necessarie al processo di mantenimento della funzione dell’equilibrio, danno luogo ad un “sentito” del corpo collegato alla muscolatura. I giochi di piacere sensomotorio, come li abbiamo definiti in pratica Psicomotoria, sono giochi simbolici a pieno titolo, avendo sia una funzione di rassicurazione nei confronti dell’angoscia di perdita della madre sia una funzione di mantenimento dell’unità di piacere e di affermazione di sé e permettono di accedere ai giochi di identificazione. (B.Aucouturier,2013, p 90)
§  i giochi di rassicurazione profonda→ Tutti i giochi del bambino simboleggiano i fantasmi d’azione; i giochi infatti sono creazioni simboliche per rassicurarsi di fronte alle angosce di perdita accettabili e, allo stesso tempo, per integrare la realtà e vivere il piacere di essere se stessi. La Pratica Psicomotoria educativa e preventiva dà un notevole contributo ai processi di rassicurazione contro le angosce, cioè alla rassicurazione emozionale, attraverso strategie. (B.Aucouturier,2013, p. 91)
Per quanto riguarda i fantasmi d’azione collegati all’espulsione Acouturier mette in evidenzia :
§   il piacere di dare e di trattenere→ La zona genitale e anale sono zone del corpo molto sensibili alle azioni della madre che compie nella cura. Durante l’espulsione delle feci tutto il corpo partecipa. Lo sforzo, che è diretto della zona pubica anale, è ritmato da numerosi respiri liberatori; il bambino è in una situazione di tensione che sembra faticosa ma che invece procura piacere. La distensione dopo l’espulsione crea un senso di unità di piacere che compensa una certa angoscia per la perdita delle feci. Quest’ultime sono offerte come un dono simbolico per il piacere di ricevere cure, per mantenere una relazione affettiva con la madre. (B.Aucouturier,2013, pp. 91-92)
§  Conseguenze derivanti dal controllo→ La ritenzione volontaria delle feci è un tempo di sospensione dell’atto di defecare che permette al bambino di immaginare e anticipare il piacere della trasformazione del corpo dovuto al rilasciamento degli sfinteri e all’espulsione. Nella fantasmatica anale l’espulsione differita può simboleggiare l’espulsione distruttiva dell’oggetto interno ma anche un attacco all’oggetto stesso, come un rifiuto di sottostare alle esigenze della madre. L’espulsione-ritenzione attesta l’esistenza, nell’inconscio del bambino, del desiderio di distruggere l’oggetto e allo stesso tempo di amarlo. (B.Aucouturier,2013, p.92)
§  minzione→ La capacità di dominare il bisogno di “fare pipì” segna il controllo volontario dell’inizio e della fine dell’azione di urinare attraverso il quale il bambino prende coscienza del trascorrere del tempo.
All’asilo-nido come alla scuola materna o in spiaggia, i bambini giocano a riempire dei bussolotti con acqua e sabbia finchè non sono pieni, poi li vuotano rapidamente o lentamente ma sempre con molto piacere. Questo gioco ripetitivo si riferisce alla coppia assorbimento-espulsione che acquista tutto il suo valore funzionale solo quando si articola sulla problematica anale e uretrale. Il gioco di riempire e svuotare è una simbologia dell’allattamento e dell’evacuazione. (B.Aucouturier,2013, pp.94-96)
Per quanto riguarda i fantasmi d’azione collegati alla genitalità : fino ai tre anni l’angoscia dominante è quella della perdita della madre,ma dopo i tre- quattro emerge l’angoscia della castrazione che, per la bambina si traduce come l’angoscia dell’aver perduto l’appendice genitale mentre per il bambino l’angoscia di perderlo. Di conseguenza, Aucouturier parla di:
§  I fantasmi d’azione incestuosi→ Nella problematica edipica il bambino vuole la madre solo per sé e fantasmatizza un’azione d’amore incestuoso con lei, ma il padre è un ostacolo a questa relazione esclusiva; il bambino vorrebbe eliminarlo e allora fantasmatizza l’azione di uccidere il padre, di distruggere, sebbene, l’ami, il suo rivale. Ciò accade anche per la bambina che fantasmatizza un’azione d’amore incestuoso con il padre. (B.Aucouturier,2013, p.98)
§  L’inibizione inconscia dell’azione→ L’inibizione inconscia dell’azione fantasmatizzata di distruggere il genitore del sesso opposto, favorendo l’inibizione della pulsionalità motoria e il cambiamento statico- emozionale, rende l’azione del bambino più adattata al mondo esterno e permetterà al bambino di anticipare il piacere della trasformazione. (B.Aucouturier,2013, p.99)
§  Periodo edipico e attività operatoria→ L’ultima affermazione ci porta a chiarire i legami esistenti tra conflitto edipico, angoscia di castrazione, pensiero magico e decontrazione, come fattore indispensabile per i futuri investimenti culturali. Per comprendere le relazioni tra pensiero magico, angoscia di castrazione e problematica edipica, bisogna tener conto che il bambino di tre- quattro anni non percepisce lo spazio, il tempo , gli oggetti e non pensa all’adulto come un adulto. Per il bambino,l’oggetto si comporta come farebbe lui, cioè la volontà di potenza proiettata sul mondo lo porta a pensare che gli oggetti siano animati. Il bambino è ancora sommerso dalla soggettività fantasmatica ed emozionale e perciò non riesce ad uscire dal suo punto di vista, dunque attribuisce il suo modo di pensare indifferenziato ad oggetti e in particolare alle persone che ama e che fanno parte del suo ambiente. (B.Aucouturier,2013, pp.99-100)
§  Giochi e castrazione → L’angoscia latente della castrazione, se è ben accettata dal bambino, induce processi di rassicurazione molto diversi da bambino a bambina. Quest’ultima preferisce giochi con la bambola, il bambino giochi d’aggressione, giochi che richiedono competenze fisiche. (B.Aucouturier,2013, pp.102-102)
§  Piano fantasmatico, registro simbolico e piano di realtà→ Il passaggio dal piano di realtà al piano fantasmatico è frequente nel bambino perché l’alternarsi di comportamenti, nel gioco e nello stato tonico- emozionale, gli permettono di vivere con pienezza delle identificazioni proiettive e delle emozioni vivissime, al fine di ritrovare con più piacere il registro simbolico del gioco a contatto con la realtà del mondo circostante. Pensiamo che possa trattarsi di un desiderio inconscio di perdersi nei fantasmi d’azione onnipotenti per ritrovare meglio la propria identità; questa alternanza, tra i tre- quattro anni e sei- sette anni, in alcuni bambini può non avvenire bloccandoli su un piano fantomatico che rende difficile il ritorno alla realtà. (B.Aucouturier,2013, p.104)
§  Il letto dei genitori→ Per completare il discorso sui fantasmi d’azione originati dalla genialità è necessario ricordare il desiderio che tutti i bambini manifestano di avere risposte sulle relazioni amorose dei genitori particolarmente quando condividono lo stesso letto. È fondamentale che i genitori esprimano, attraverso il loro atteggiamento, l’amore che provano l’uno per l’altro e che siano solidali nel dire ai loro bambini che questo grande letto è per i genitori e che il loro bambino ha il suo letto in cui potrà continuare a sognare il grande letto dei genitori.Inoltre, i fantasmi d’azione relativi al possesso di uno dei due genitori inducono i bambini a porsi domande sull’origine della nascita. Di fronte ai fantasmi della nascita è necessario che i genitori non lascino i figli nell’ambiguità. (B.Aucouturier,2013, pp.106-107)

§  Apparire- scomparire, avere- non avere→ I giochi in cui il bambino prende l’iniziativa sono giochi di rassicurazione collegati all’assenza della madre. Il bambino infatti si nasconde perché la madre lo trovi, per accettarsi di essere importante per lei e di avere il suo amore. È un gioco sottile basato sul piacere dell’attesa dell’essere trovato che si associa al possibile dispiacere di non essere trovato. È un gioco che crea una forte eccitazione sensoriale, emozionale e psichica, una giubilazione che si attenua molto rapidamente nel momento in cui il bambino viene trovato. Il gioco di apparire- scomparire è molto precoce, è sinonimo di avere, incorporare e di non avere, distruggere e perdere. Il gioco da, cioè, avvio all’angoscia di perdita della madre e di sé. In sala Psicomotoria i bambini dell’asilo-nido e materna giocano a nascondersi tra i cuscini o nelle case che hanno costruito affinché le educatrici li cerchino. (B.Aucouturier,2013, pp.108-110)

mercoledì 18 giugno 2014

fantasmi d’azione

Il neonato solo nella culla, in preda alla sofferenza causata dalla non soddisfazione dei bisogni, riproduce azioni di suzione simili, ma non identiche, a quelle che la madre gli ha permesso di vivere. Si potrebbe dire che si imiti. La riproduzione dell’azione è il perno sul quale si svilupperà tutta l’attività fantasmatica; infatti è proprio sulla base di questa riproduzione che il bambino si crea un desiderio d’azione, cioè una rappresentazione illusoria d’azione e di piacere che lo mette in relazione con l’oggetto e che, di conseguenza, acquieta momentaneamente i tormenti provocati dalla mancanza di risposta dell’oggetto stesso . Dunque, il fantasma d’azione è la rappresentazione inconscia di un’azione, è il desiderio e il piacere di ricreare l’oggetto e di agire su di lui. È il risultato delle interazioni corporee tra madre e bambino che daranno impulso alle spinte biologiche istintive del neonato. È manifestazione di una nuova organizzazione pulsionale che dimostra come l’attività psichica originaria dell’essere umano affondi le sue radici nel corpo in relazione, testimonia la prima attività creativa del bambino, una prima forma di pensiero separato dalla realtà.
I fantasmi d’azione, generati dalle trasformazioni dovute alle spinte biologiche, mantengono il loro carattere pulsionale e nei confronti dell’oggetto d’amore sono sadici, persecutori e onnipotenti; per questo debbono essere gradualmente contenuti dalla madre e a volte repressi in un ambiente affettivo costante, coerente e rassicurante. Se sono contenuti non possono esprimersi con la violenza che li caratterizza, al contrario si esprimono senza limiti tramite comportamenti eccessivamente pulsionali o tramite disturbi psicosomatici dovuti all’intensità delle angosce arcaiche. In terapia sarà necessario aiutare il bambino a riprodurre l’insieme dell’ esperienze corporee originarie vissute in una dinamica di “risonanze tonico-emozionali reciproche” affinché le sue esperienze corporee originarie diventino un punto fermo per la sua evoluzione. La finalità dei fantasmi d’azione del bambino è appropriarsi dell’oggetto o base ai propri desideri e al proprio piacere: desiderio di attaccarsi per avere sicurezza affettiva, desiderio di staccarsi per differenziarsi e conquistare identità e indipendenza. ( Bernard Aucouturier,2013, pp. da 56 a 59)

lunedì 16 giugno 2014

il pensiero di aucouturier- genesi dei fantasmi d'azione

Aucouturier ritiene che un punto di riferimento importante nella pratica psicomotoria  è il concetto di fantasma di azione, generato dalle esperienze corporee condivise tra madre e bambino. I fantasmi d’azione animano tutte le attività e i giochi del bambino, facilitandogli l’accesso ad un senso di continuità del piacere di essere se stesso ma aperto agli altri. Egli afferma che la psicomotricità, in generale, è un invito a comprendere ciò che il bambino esprime del suo mondo interno attraverso il movimento. È un invito a cogliere il senso dei suoi comportamenti. Inoltre, l’aver chiarito cosa intendiamo per psicomotricità ci permette di distinguere meglio la Psicomotricità Psicomotoria educativa e preventiva dalla Pratica di Aiuto ad orientamento terapeutico.
Riprendendo il concetto di fantasmi d’azione, la genesi di quest’ultimi risale durante il periodo prenatale . Il feto, dominato dalle funzioni vegetative e sensomotorie, cerca l’equilibrio biologico necessario al suo completo sviluppo e alla crescita delle competenze indispensabili alla nascita e alla vita extra-uterina. Il feto ha dunque bisogno della permanenza di un “involucro materno” soddisfacente affinchè le sue funzioni biologiche e sensomotorie maturino gradualmente e con continuità. Per questo motivo il feto e la madre cercheranno di stabilire e perfezionare un rapporto sempre più stretto grazie al coordinamento degli stimoli provenienti da entrambi. Tale equilibrio dipende da una placenta funzionale che, insieme al feto, forma una coppia stabile .
La personalità della madre che si fa carico della gravidanza, subisce profondi cambiamenti: se all’inizio della gestazione il bambino futuro è visto come in sogno, le cose cambiano molto quando la madre percepisce i movimenti del figlio. Il futuro bambino viene investito dalle speranze e dalle emozioni dei genitori; entra a a far parte dell’immaginario parentale come essere unico, eccezionale dotato di tutte le qualità possibili. Il bambino c’è ancora prima di esserci, è sognato e immaginato dai genitori, è loro compagno di comunicazione, emozione, di gioco e di vita.
 Ma se, durante la gravidanza, il bambino è inserito in un involucro materno incostante e fragile, in cui subisce influenze nocive come ad esempio malattie croniche, fattori psicologici, fisiologici, genetici , le conseguenze possono essere drammatiche per il feto e dar luogo ad un disequilibrio biologico, causato da disfunzioni biologiche che possono far prevedere possibili ritardi della maturazione. Numerosi fattori traumatici possono quindi congiungersi tra loro disturbando eccessivamente la continuità e la ritmicità dell’involucro materno, necessario all’equilibrio biologico del piccolo, contrastando o impedendo il costituirsi di quell’abbozzo di unità che è riferimento stabile originario del bambino alla nascita.
Alla nascita il bambino viene a trovarsi all’improvviso in una situazione di sconvolgimento sensomotorio : passa da un ambiente acquatico, in cui era avvolto e costantemente sostenuto quasi in assenza di gravità, ad un ambiente aereo. È quindi possibile immaginare il vuoto che, subito dopo il momento della nascita, si crrea intorno a lui, la pesantezza che lo schiaccia, il dolore provocato dalle scariche motorie incontrollate. Dunque, il bambino trovandosi in queste condizioni, per poter vivere la continuità dell’equilibrio biologico sviluppati durante il periodo pre-natale, deve essere protetto. Ha bisogno di un nuovo involucro protettivo e lo trova, se riceve cure e manifestazioni di amore dai genitori.
Le interazioni e le trasformazioni reciproche forniscono alla madre l’occasione di inondare il neonato di affetti di piacere ed è così che egli scopre che le loro trasformazioni sono fonte di piacere. Dunque, la madre gli permette di vivere il piacere dell’azione e il piacere delle sue manifestazioni interne. Il successo dell’azione condiziona l’evoluzione del bambino ed è indissociabile dal piacere che prova la madre nel riceverla. Soltanto un ambiente malleabile e trasformabile garantisce infatti l’evoluzione del bambino.
Il bambino interiorizza le sequenze delle trasformazioni del corpo che risultano delle azioni che compie e accumula una “riserva” di azioni, confuse con quelle della madre, che vengono registrate nel complesso del sistema neurobiologico attraverso processi bio-chimici, elettrici ed ormonali registrati nel cervello e nei muscoli. Definiamo le sequenze interiorizzate “
Il bambino interiorizza le sequenze delle trasformazioni del corpo che risultano delle azioni che compie e accumula una “riserva” di azioni, confuse con quelle della madre, che vengono registrate nel complesso del sistema neurobiologico attraverso processi bio-chimici, elettrici ed ormonali registrati nel cervello e nei muscoli. Definiamo le sequenze interiorizzate “engrammi di azione” ovvero, informazioni che circolano liberamente perché non sono ancora rappresentazioni, hanno carattere pulsionale e non sono sottomessi ad alcun controllo inibitore finché non entrerà in azione la rimozione primaria. Inoltre, essi non potranno mai essere espressi tramite il linguaggio verbale ma soltanto attraverso il non verbale e la traccia grafica.
L’organismo accumula, nello stesso supporto biologico, una riserva di engrammi d’azione derivati da esperienze dolorose, provocate dall’insuccesso ripetuto delle azioni di trasformazione. Noi li definiamo engrammi d’ inibizione, poiché creano un blocco neurobiologico che arresta o inibisce la circolazione degli engrammi di azione e l’affetto di piacere. Gli engrammi di inibizione spiegano i disturbi somatici precoci del lattante associati ad una sensazione di vuoto. Nella vita futura, le situazioni di sofferenza affettiva ritualizzeranno l’affetto di dispiacere degli engrammi dolorosi dell’infanzia. Gli engrammi d’azione e di inibizione, inscritti nello stesso sistema neurobiologico, interagiscono e formano la struttura tonico-affettiva di base di ogni individuo.
Da questo momento il bambino ha assolutamente bisogno, per la sua sicurezza e il suo sviluppo, di un nuovo involucro protettivo e lo costituir gradualmente sulla base delle azioni inscritte nel suo corpo. All’interno dell’involucro protettivo comune, madre e bambino vivono armonie toniche e ritmiche fondamentali per una giusta percezione dei ritmi esterni ai quali il neonato devo pian piano adattarsi. È un primo contenente che permette al bambino di dedicarsi allo sviluppo delle proprie competenze in condizioni favorevoli: egli potrà allora lasciar andare il suo corpo e aprirsi poco a poco al mondo esterno, perché non è più solo. Vive un’unità duale di piacere  interiorizzata , nella quale vive se stesso ma, insieme anche la madre.
Alla costituzione dell’unità di piacere partecipano altre funzioni e in particolare la funzione propriocettiva. Quando il neonato viene toccato, spinto, accarezzato, trasportato, sollevato, posato, girato, tirato-manipolazioni che si riproducono come rituali secondo ritmi precisi- partecipa attivamente a questa trasformazione proveniente dall’esterno e prova un piacere tale da sentirsi unificato, pieno.
Il livello di unità prodotto dal piacere delle trasformazioni corporee, segna una tappa fondamentale nell’evoluzione del bambino: l’inizio dello sdoppiamento dell’unità duale e l’acquisizione dei confini tra il dentro e il fuori di sé e dell’altro. L’unità apre anche il neonato alla percezione della madre come oggetto separato da sé, oggetto che paradossalmente ricercherà, essendo origine del suo piacere, della sua integrità e del suo sviluppo. (Bernard Aucouturier, “ Il metodo Aucouturier, fantasmi d’azione e pratica psicomotoria”,Franco Angeli edizioni, anno 2013, pp.24 a 44)
Acouturier continua,poi, prendendo in considerazione la teoria di Winnicott , il quale sostiene come gli avvenimenti affettivi dolorosi vissuti dal lattante come minacce di morte lasciano tracce indelebili. Tali tracce, a causa dell’assenza di un’organizzazione psichica, sono all’origine delle angosce arcaiche di perdita del corpo. Quest’ultime possono riguardare : l’angoscia di caduta ( sperimentata fin dalla nascita a causa della perdita del sostegno percepito all’interno del sacco uterino), l’angoscia del “non limite” (l’assenza di confini spaziali e temporali, sembra che il bambino non abiti il suo corpo ,cioè parla in terza compie movimenti automatici ecc), l’angoscia di esplosione ( il bambino può essere terrorizzato dallo scoppio di un pallone, dai tuoni o fuochi d’artificio), l’angoscia di frattura (evidenzia la paura del bambino di essere spaccato in due emicorpi), l’angoscia di scorticamento e di amputazione (quando la separazione madre-bambino avviene senza precauzioni,il bambino può vivere alcune parti del corpo come se gli fossero state portate via).
Aucouturier afferma come nel lavoro clinico ha potuto osservare quanto i bambini che vivevano dolorosamente la separazione dalla madre fossero terrorizzati di fronte alla caduta o a cambiamenti tonico-emozionale. Inoltre, ha potuto constatare che i bambini in difficoltà che ha aiutato, che non erano né autistici, né psicotici, né presentavano segni clinici così gravi, evidenziavano tutti un livello di angosce arcaiche che non riuscivano a sorreggere e nei confronti delle quali non potevano rassicurarsi validamente attraverso il piacere di agire e giocare. Dunque, i disturbi delle diverse funzioni somatiche si collegano sempre a gravi difficoltà emozionali e relazionali.
La motricità non è un modo per rassicurarsi contro le angosce ma soltantoil mezzo attraverso il quale esprimono la loro sofferenza psichica. Il disturbo psicomotorio è il risultato della povertà dei processi di trasformazione. È causato dalla presenza di angosce arcaiche non contenute a sufficienza e da un atteggiamento inadeguato ai bisogni e ai ritmi del lattante.
La sofferenza provocata dal deficit di integrazione psichica al livello più arcaico si esprime tramite il tono e la motricità. Il disturbo psicomotorio rende discontinuo il piacere di essere se stessi e rende problematica la rappresentazione di sé. I bambini che nn sono riusciti a farsi carico quanto basta delle loro angosce arcaiche e non sono riusciti a creare le azioni simboliche necessarie alla loro rassicurazione profonda, evidenziano una patologia dell’azione. Per questo, ogni aiuto psicomotorio educativo e terapeutico è un aiuto allo sviluppo dell’azione e dei processi di trasformazione tonico-emozionale. In sintesi, la teoria psicomotoria può essere definita come una terapia dell’azione. (Bernard Aucouturier, "il metodo Aucouturier", Franco Angeli editore,anno 2013)

domenica 15 giugno 2014

correnti d’azione e autori che segnarono la psicomotricità

La  psicomotricità ha avuto un enorme sviluppo negli ultimi trent’anni in particolar modo sia a livello educativo ed ultimamente anche nell’ambito della psicoterapia. Possiamo suddividerla in tre principali correnti:
1.     la psicomotricità funzionale→che si basa maggiormente su teorie anatomiche dello sviluppo del bambino
2.    la psicomotricità cognitiva→che si basa sulle teorie piagetiane dello sviluppo dell’intelligenza
3.    la psicomotricità ad aspirazione psicodinamica→è la corrente all’interno della quale ho sviluppato la linea relazionale.
A seguito, partirò dalla psicomotricità cognitiva per poi approfondire la psicomotricità ad aspirazione psicodinamica, facendo un rapido excursus dei grandi fondatori della psicomotricità . Infine,mi concentrerò sul pensiero di Lampierre e Acouturier e, in particolar modo, sul pensiero di quest’ultimo.
All’interno della riabilitazione psicomotoria cognitiva troviamo autori come:
·       Pierre Vayer, prima maestro di educazione fisica poi , a seguito del suo contributo scientifico-culturale, docente universitario. Egli abbraccia le teorie di Piaget sullo sviluppo dell’intelligenza del bambino grazie all’esperienza che il bambino fa attraverso il corpo,critica le tecniche riabilitative tradizionali come ad esempio la ginnastica correttiva,ritmica, ritenendo che nn è il movimenti singolo e settoriale ripetuto a essere educativo, ma il movimento inteso come insieme di movimenti progressivi integrati e per tappe. Parla di educazione psicomotoria ovvero la tappa prima della terapia e si realizza , educazione al rapporto con il mondo oggettuale, educazione del rapporto con gli altri. Dunque Vayer presenta una tecnica riabilitativa psicomotoria innovativa per i suoi tempi. Per lui, i problemi specifici motori e i problemi più strettamente cognitivi che il bambino presenta in età evolutiva sono la conseguenza di carenze nello sviluppo psicomotorio.
·       Jean le Boulch, anch’egli professore di educazione fisica che a seguito di scrupolosi studi di neurofisiologia divenne dottore in Medicina. A seguito delle due esperienze sviluppa un suo metodo psicomotorio chiamato “Psicocinetica”. È uno dei primi studiosi ad occuparsi in termini scientifici del rapporto tra il corpo, il movimento e la mente. Infatti per primo riesce ad avvicinare scienze tanto diverse quali Medicina e Pedagogia. Il termine “Psicocinesi” vuole sottolineare l’importanza dell’azione( interna ed esterna) sulla formazione della psiche (e probabilmente anche viceversa). Egli sostiene che il movimento è sempre caratterizzato da due aspetti: la transitività del movimento (il passaggio da una posizione o situazione) ad uno successivo e l’espressività del movimento ( cioè deve avere valenza nell’ambito della comunicazione).
·       Andrè Lapierre→è considerato uno dei padri della psicomotricità, in particolare per la bibliografia che ha prodotto, a testimonianza del suo percorso professionale iniziato come professore di educazione fisica e creatore di una tecnica di riabilitazione motoria ancora oggi apprezzata,passato attraverso la sperimentazione della psicomotricità ad indirizzo cognitivo e sfociato nella moderna psicodinamica. La storia della ricerca e del lavoro di Lapierre è la storia della psicomotricità degli ultimi quarant’anni.
Possiamo infatti suddividere il suo lavoro in quattro periodi:
 Primo periodo→ la riabilitazione fisica funzionale. Famoso il sue esame morfologico funzionale che individua la parte del corpo con un movimento deficitario, e l’influenza che può avere sul resto del corpo e sul movimento. Dunque, mette a punto per ogni singolo movimento del corpo il corrispondente esercizio fisico adatto alla sua riabilitazione ed, allo stesso tempo, questo singolo esercizio è collegato ad una serie di altri esercizi fisici progressivi, che mobilitano le altre parti del corpo collegate, per creare una sinergia tra i diversi movimenti e favorire attraverso un movimento più globale una rieducazione del movimento o della parte del corpo deficitaria.
Secondo periodo→ la psicomotricità ad indirizzo cognitivo. Egli fa esplicito riferimento alla psicomotricità come cura di alcune patologie, in particolare nel ritardo mentale ( disgrafia,dislessia,instabilità motoria, tic e balbuzie). Afferma chiaramente che in età evolutiva la componente corporea è importante nel determinare i processi mentali e quindi uno sviluppo psicomotorio disarmonico può essere l’origine di numerose patologie sia comportamentali che cognitive.
 Uno spunto alla ricerca di una diversa metodologia nell’applicare la psicomotricità all’educazione e rieducazione del bambino gli viene dallo studio approfondito delle teorie di Piaget e dalla collaborazione per quasi quindici anni con un collega, professore anch’egli di educazione fisica come lui, Bernard Acouturier. Fino ad allora la riabilitazione era stata influenzata dalla cultura bio-medica che proponeva un approccio metodologico organicistico-funzionalista al problema presentato dal bambino. La risposta che Lapierre e Aucouturier è l’elaborazione di una psicomotricità che si avvicina di più alla realtà del bambino e quindi più efficiente, per cui il proporre esercizi precisi e specifici viene completamente abbandonato sostituendolo con il “mettere il bambino in situazione” e guidarlo alla scoperta del mondo e di sé stesso.
Lapierre e Aucouturier durante le sedute di psicomotricità presentano il mondo attraverso la sperimentazione e lo sviluppo di “nozioni percettive globali”. Le esperienze percettive globali che il bambino può fare del mondo intorno a sé sono: nozione di intensità (es. forte,piano), di grandezza (es. grande piccolo), di velocità (es. veloce, lento), di direzione (es. da…a, verso, ecc.), di situazione (es. dentro,fuori), di orientamento (es. alto,basso ecc.), di relazione (si riferisce al vissuto delle nozioni precedenti che possono essere state sperimentate in solitudine o in presenza di adulti o coetanei).
Le nozioni appena descritte diventano consapevolezza del mondo grazie all’esperienza diretta che il bambino fa con il suo corpo ed il movimento attraverso i suoi sensi. Quindi attraverso la psicomotricità il bambino è facilitato nel sviluppare queste nozioni globali che gli permettono di iniziare ad organizzare il mondo attorno a sé.
 Le associazioni tra nozioni globali che il bambino sperimenta sono di tre tipi: associazioni di contrasti assoluti (es. rumore-silenzio), associazioni di contrasti convenzionali (es. avanti-indietro abbinato a destra-sinistra), associazione di contrasti convenzionali, sommatorie (es. avanti-veloce a destra).
Grazie alla capacità di collegare in modo sempre più articolato le nozioni globali tra di loro creando una struttura, il bambino scopre anche che può creare un ritmo che può essere : regolare, alternato o raggruppato.
Per concludere questo secondo periodo, la psicomotricità delle nozioni globali, chiamata anche “educazione vissuta”, avvia un forte rinnovamento all’interno della pedagogia, in particolare della didattica, che porrà sempre più il bambino al centro del processo educativo ed avvierà lo sviluppo di una metodologia che privilegia il passaggio dal globale al particolare come la modalità più adeguata per favorire l’apprendimento e lo sviluppo del bambino. Per Lapierre e Aucouturier quindi non è importante il risultato immediato dell’azione educativa, ma “il mettere in situazione” il bambino progressivamente, guidarlo ad apprendere rispettando la sua realtà, i tempi e modi attraverso i quali si esprime.
La riabilitazione psicomotoria ad indirizzo psicodinamico ,dunque è stata coniata dagli autori quali: Lapierre e Aucouturier. Essa coincide con il Terzo periodo della evoluzione professionale di Lapierre che continuerà a lavorare con Aucouturier.→ Entrambi nel loro lavoro si avvicineranno alla psicologia ed in particolare allo studio della psicoanalisi. Applicando la psicomotricità delle nozioni globali e soprattutto il metodo del mettere il bambino in situazione, si accorsero che, parallelamente alle esperienze cognitive, emergevano dei vissuti molto significativi a livello emotivo che riguardava la storia del bambino. In particolare, osservarono come lo stato d’animo che accompagnava il bambino durante le sedute di psicomotricità cognitiva influenzava la sua capacità di “vivere ed acquisire” le nozioni globali e ancor prima di ciò influenzava fortemente il suo movimento e la sua espressività. Ogni bambino viveva le nozioni globali e sviluppava il piano cognitivo anche con un coinvolgimento emotivo riconducibile alla sua realtà emozionale presente e passata. Il problema cognitivo comportamentale o sociale che il bambino manifestava era la punta di un iceberg di una sofferenza più forte e profonda, che trovava le radici nella storia stessa del bambino.
In questo periodo Lapierre e Aucouturier investigano, attraverso la psicomotricità, su quale importanza abbia la dimensione esperienziale corporea nella strutturazione e nel funzionamento della vita psichica di un individuo ed in particolare del bambino in età evolutiva. Inoltre, i due autori pubblicano tre libri ( frutto della raccolta di sperimentazioni): “la simbologia del movimento”, “il corpo e l’inconscio”, “Bruno: la terapia psicomotoria”. Da quest’ultimi emerge una nuova corrente di psicomotricità ad indirizzo psicodinamico co ampia applicazione in campo educativo, riabilitativo e psicoterapeutico. È una rivoluzione rispetto ai metodi precedenti, sia a livello teorico perché mettono in evidenzia che le basi della personalità si formano nei primi anni di vita attraverso la particolare esperienza emotiva-affettiva che il bambino vive con il suo “intorno” (famiglia in primis) per mezzo del corpo e del movimento, sia a livello metodologico proponendo un approccio globale del bambino. Dunque essi abbandonano definitivamente la psicomotricità funzionale e cognitiva convinti che esse operino solo superficialmente sul comportamento del bambino e non abbiamo la possibilità di incidere nei nuclei più profondi della persona.
Dal punto di vista metodologico la più importante innovazione che propongono è l’uso del GIOCO LIBERO, come la modalità più adeguata per aiutare il bambino ad esprimere tutta la carica emotiva che ha dentro di sé , trovando la forma per far evolvere la problematica alla base del suo comportamento deficitario.
La relazione tra terapeuta e bambino sarà una relazione umana e autentica, dove il tecnicismo sarà sostituito dalla “empatia” che lo psicomotricista deve possedere, oltre alla particolare attitudine all’ascolto che lo farà diventare partner privilegiato nello sviluppo del gioco, all’interno del quale aiutare il bambino a superare il motivo che sta alla base della sua sofferenza.

Quarto periodoÉ caratterizzato dalla divisione di Lapierre e Aucouturier. Lapierre chiamerà il suo metodo PSICOMOTRICITÁ RELAZIONALE e Aucouturier denominerà il suo modo di lavorare PRATICA PSICOMOTORIA . Per Lapierre sarà la relazione che il terapista saprà offrire al bambino durante il gioco libero la chiave per entrare nel suo problema e il motore per farlo evolvere verso la guarigione. Aucouturier, invece, pone al centro della sua metodologia la pratica psicomotoria asserendo che è la particolare esperienza psicomotoria che il bambino farà da solo o/e aiutato dall’adulto la chiave della sua evoluzione. ( Mauro Vecchiato, 2011).